La norma è chiara e pone tre principi fondamentali che è bene illustrare per maggiore comprensione.
In primo luogo si precisa come sia possibile cedere il diritto di usufrutto, ove ciò non sia espressamente vietato. E’ quindi consentito prevedere nell’atto costitutivo di usufrutto (ad es. nella compravendita della nuda proprietà) che lo stesso diritto di usufrutot non possa essere ceduto dall’usufruttuario.
Ancora la norma evidenzia come la cessione debba essere notificata al nudo proprietario affinché l’usufruttuario cedente sia così liberato dagli obblighi che ha nei confronti del nudo proprietario. Di quali obblighi si tratta? Sono disciplinati dall’art. 1004 Codice Civile e riguardano le spese ordinarie, di custodia, manutenzione nonché quelle relative a danni o deterioramente determinati dall’incuria dell’usufruttuario stesso.
Ma il punto che ci interessa maggiormente è quello relativo alla durata, in cui si precisa che il diritto di usufrutto può essere ceduto per un certo tempo oppure per tutta la sua durata. Ma in ipotesi di usufrutto vitalizio (come nel nostro esempio) qual è la durata? La vita del primo usufruttuario (cedente) o del nuovo usufruttuario (cessionario)?
La risposta è univoca: se si cede il diritto di usufrutto per l’intera sua durata questa è relativa (e liminata) alla vita dell’originario usufruttuario. In breve il diritto di usufrutto di Tizio (ottantenne) terminerà con la morte di Tizio, anche se nel mentre lui ha ceduto il diritto di usufrutto al più giovane Mevio. La cessione del diritto di usufrutto vitalizio dall’originario usufruttuario ad un nuovo usufruttuario più giovane è irrilevante per il nudo proprietario, che diventerà sempre pieno proprietario alla morte del primo usufruttuario.
Ci sono – e concludo – due eccezioni o meglio due ipotesi da dettagliare per maggiore chiarezza.
La prima riguarda la cessione del diritto di usufrutto a termine. Se il diritto di usufrutto non è vitalizio ma ha una sua durata (ad es. 10 anni) la cessione potrà riguardare una frazione della durata iniziale oppure la totalità della stessa e ciò a prescindere dalla sopravvivenza o meno – in quel termine – dell’usufruttuario.
La seconda invece è relativa al diritto di usufrutto successivo improprio che per sua natura può continuare anche a seguito della morte del primo usufruttuario, alle specifiche condizioni che lo disciplinano, come già visto in un precedente contributo.
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