FALSA CONFORMITA’ CATASTALE

da | 25 Mag 2025 | immobiliare | 0 commenti

La conformità catastale, fin dalla sua introduzione nel nostro ordinamento nel 2010, rappresenta un elemento centrale di ogni compravendita immobiliare.  La disciplinare è già stata oggetto di precedenti contributi e – brevissimo riassunto – impone che in ogni atto avente ad oggetto il trasferimento di immobili (ma anche la costituzione di diritti reali) la parte cedente debba dichiarare la conformità allo stato dei luoghi di dati catastali e planimetrie depositate in Catasto. La prassi prevede altresì l’allegazione all’atto delle planimetrie o il riferimento ai loro estremi di deposito catastale.

La normativa in materia fin dall’inizio ha posti alcuni interrogativi, in parte già risolti grazie a giurisprudenza e successivi interventi del legislatore: in misura “rigida” quando si è parlato della liceità di menzioni relative solo ai dati catastali (e non alle planimetrie), ma anche con possibilità di conferma in ipotesi di atti nulli per requisiti formali.

Una questione rimane però ad oggi ancora non risolta. Mi riferisco in particolare a cosa accede nell’ipotesi in cui in atto la parte cedente (tipicamente: il venditore) dichiari che i dati catastali e – soprattutto – le planimetrie sono conformi allo stato dei luoghi ed invece questa conformità non sussiste.

Non mi riferisco, ovviamente, allo scenario in cui si tratti di difformità che rientrano nelle tolleranze di legge ma di proprie differenze (anche visibili ictu oculi) fra la planimetria depositata in Catasto e lo stato di fatto dell’immobile.

Cosa succede in questi casi? L’atto è nullo stante la falsità della dichiarazione?

In verità la tesi maggioritaria è per la validità dell’atto, valorizzando il dettato testuale della norma, che si riporta per chiarezza:

“Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari.”

Art. 29 al comma 1-bis legge 27 febbraio 1985 n. 52

Leggendo infatti la norma pare evidente che la sanzione della nullità è collegata all’assenza di identificazione e/o riferimento e/o dichiarazione: niente si dice circa la falsità della dichiarazione medesima. Ne consegue che la nullità ha natura formale e non sostanziale (parrebbe anche contrario ai principi generali dell’ordinamento estenderà una sanzione grave con la nullità ad ipotesi non espressamente previste).

Esclusa la nullità restano comunque profili di responsabilità, in capo al cedente da valutare.

Chi ha infatti rilasciato la falsa dichiarazione di conformità risponde nei confronti del cessionario (in genere quindi l’acquirente) per i danni che quest’ultimo potrebbe subire (si pensi al caso di sanatorie o anche banalmente deprezzamento dell’immobile).

Nelle ipotesi più gravi – aggiungo – si potrebbe configurare anche lo scenario della vendita di “aliud pro alio” che consente al cessionario di chiedere la risoluzione del contratto.

Parte della dottrina, infine, ha ipotizzato anche – sulla base di giurisprudenza di legittimità in materia – una responsabilità penale ex art. 481 Codice Penale.

In breve, con la falsa dichiarazione di conformità catastale l‘atto notarile è valido, ma le conseguenze possono essere gravi. Come evitare tutto ciò?

La soluzione – a tutela di chi acquista ma anche di chi cede – può essere sicuramente la relazione tecnica integrata, strumento non previsto espressamente dalla legge ma ormai largamente diffuso nella prassi contrattuale di larga parte d’Italia.

Inoltre suggerisco sempre di chiedere preliminarmente – a mediatore o venditore – le planimetrie dell’immobile, valutando la possibilità di un accesso al bene con un tecnico di propria fiducia, il quale potrà eventualmente subito individuare macroscopiche difformità.

Fabio Cosenza

Notaio

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