Corruzione tra privati e mondo legale

da | 4 Ago 2016 | notariato, politica

Uno dei fenomeni meno noti al grande pubblico ma ormai drammaticamente in corso di espansione nel settore legale in generale e quello notarile in particolare è costituito dal “pagamento” di “provvigioni” (rectius: tangenti) a vari operatori del comparto (funzionari di banca, intermediari vari, dirigenti di società, et coetera..) per accaparrarsi fette di clientela.

Questa prassi, di per sé contraria ad ogni regola deontologica, determina altresì una seria alterazione del mercato legale, premiando gli “amici degli amici” (prezzolati..) in luogo degli soggetti eventualmente più capaci e conducendo altresì ad una compressione della libertà di scelta del consumatore finale, spesso costretto – con modalità diverse – a dovere rivolgersi ad un professionista predeterminato da altri, con evidenti aggravi sia in termini economici (perché si verifica il pagamento di un’ulteriore intermediazione occulta) che di efficienza del servizio.

Purtroppo, ad oggi, latitano gli strumenti giuridici per punire tali gravi comportamenti; in particolare le riconduzioni, in ambito notarile, alle fattispecie di cui agli artt. 318, 319 e 346 bis Codice Penale, sono deboli, in quanto – nel caso in oggetto – non si tratta di “esercizio delle funzioni” o “atti o omissioni contrari ai propri doveri d’ufficio” ma esattamente l’opposto: il notaio paga – un terzo – per stipulare.

Non solo: nel contesto delle discussioni relative alla cosiddetta legge annuale per la concorrenza si è cercato di “legittimare” la figura del procacciatore d’affari anche in ambio legale, persistendo in una falsa ricostruzione che balbetta di “più mercato” in un settore – quello della giustizia – in cui, ad oggi, per tutti occorrono solo “più regole”.

In questo non felice quadro uno spunto di riflessione (e conseguente intervento) può però emergere dall’approvazione della legge di delegazione europea 2015, avvenuta lo scorso 29 luglio 2016, che incarica il Governo di rimettere mano al reato di corruzione tra privati di cui all’art. 2635 Codice Civile. Genesi e – per ora modesta – fortuna di questa norma meritano un breve riepilogo. Una serie di impegni internazionali (la Convenzione sulla lotta alla corruzione del 1997; la Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione, del 1997; l’Azione comune europea, del 1998) condussero all’inserimento – nel nostro Codice Civile, correva l’anno 1992 – dell’originaria fattispecie di “Infedeltà a seguito della dazione o promessa di utilità”. La norma, come allora scritta, risultò ben presto inadeguata, non recependo le indicazioni della succesiva Decisione Quadro 2003/568/GAI e così, nel 2012, si è giunti all’attuale formulazione dell’art. 2635 Codice Civile; formulazione che ben presto lo stesso Governo Italiano, pressato dalla Commissione Europea, ha ammesso essere non soddisfacente. Ora pertanto, la palla torna (per la terza volta: sarà forse l’ultima?) nelle mani dell’Esecutivo che cercherà di superare i limiti presenti.

E’ evidente come il notariato e l’intero mondo delle professioni legali (ma non solo) abbiano quindi la possibilità di avanzare le proprie indicazioni al fine – da un lato – di ricondurre nettamente all’alveo dell’illecito comportamenti di condizionamento della clientela che ad oggi prosperano del vuoto normativo – e dall’altro di ottere un nuovo riconoscimento della natura “originale” e non strettamente “d’impresa” del proprio settore, e mercato, di riferimento. Volendo dare alcuni spunti d’intervento si può pensare ad un ampliamento dei soggetti attivi di cui al primo comma dell’art. 2635 Codice Civile, il superamento della procedibilità a mera querela di parte, la previsione di aggravanti specifiche se il corruttore riveste la qualifica di pubblico ufficiale, l’estensione del nocumento non solo alla società ma anche a clientela e mercato.

E’ importante sottolineare come questa campagna tesa a combattere il fenomeno corruttivo fra privati e a superare l’attuale – poco efficace – scrittura delle norma raccolga, anche all’interno delle Istitutzioni, ampio consenso. Lo stesso Presidente del Senato sen. Pietro Grasso ha presentato, nel 2013, unitamente ad altri firmatari, un disegno di legge in tal senso. Il Procuratore Regionale della Corte dei Conti dott. Angelo Raffaele De Dominicis ha affermato di reputare “[…]la corruzione tra privati pericolosissima e non meno dannosa della corruzione in ambito pubblicistico ed amministrativo. Il Presidente dell’Autorità Nazionale contro la Corruzione dott. Raffaele Cantone ha espresso la necessità di “[…]rafforzare la norma sulla corruzione tra privati“. In breve, sull’insufficienza dell’attuale normativa, sul costo insostenibile che queste condotte determinano per l’Italia, sulla necessità di andare – in fretta – oltre vi è unanime voce nella parte migliore del Paese: il Notariato – e tutto il mondo legale – dia il suo contributo per una riforma che effettivamente serve alla nostra Giustizia ed al nostro sistema economico.

Fabio Cosenza

Notaio

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