DONAZIONE DI DENARO CON BONIFICO BANCARIO

da | 21 Apr 2024 | famiglia, fisco | 2 commenti

DONAZIONE DI DENARO (DI NON MODICO VALORE) MEDIANTE BONIFICO BANCARIO

Sommario: 1. Donazione: profili generali. – 2. Spirito di liberalità: differenze tra atti a titolo gratuito, donazione e altre liberalità. – 3. La natura del trasferimento di denaro (di non modico valore) mediante bonifico bancario. – 3.1. Profili tributari. – 3.2. Conclusioni. 

 1. Donazione: profili generali.

La donazione, che trova la sua disciplina agli artt. 769-809 del Codice Civile, è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione.  È il contratto che mira a realizzare la specifica funzione dell’arricchimento diretto del patrimonio di un soggetto, il donatario, con il correlativo depauperamento di quello di un altro soggetto, il donante, che nulla ottiene in cambio, in quanto agisce per spirito di liberalità.

L’oggetto del contratto può essere quanto mai vario: può trattarsi del trasferimento della proprietà o di altro diritto reale (ad es. usufrutto, servitù, superficie) su un bene mobile o immobile o della cessione di un credito; può trattarsi della costituzione di un diritto reale su cosa che resta di proprietà del donante; può trattarsi infine dell’assunzione di un’obbligazione di dare. 

Per la donazione è richiesta, a pena di nullità, la forma solenne dell’atto pubblico alla presenza di due testimoni: la volontà di donare è così insolita che, per garantirne l’effettività e la spontaneità, la legge esige sia raccolta da un notaio con l’assistenza obbligatoria dei testimoni. Eccezione alle regola è rappresentata dalla cd. donazione manuale, ossia quella che ha per oggetto somme di denaro o altre cose mobili di modico valore che è valida anche in mancanza dell’atto pubblico, purché, essendo un contratto reale, ci sia la consegna (traditio). Il modico valore deve essere apprezzato alla stregua di due elementi: da un lato, quello obiettivo, correlato al valore del bene che ne è oggetto, e, dall’altro, quello soggettivo, per il quale si tiene conto delle condizioni economiche del donante, di tal che l’atto di liberalità, per essere considerato di modico valore, non deve mai incidere in modo apprezzabile sul patrimonio del donante. In questa figura può perciò rientrare anche la donazione di ingenti somme di denaro, oppure di oggetti di elevato valore, nel caso in cui la parte donante dispone di consistenti disponibilità economiche. 

La proposta del donante e l’accettazione del donatario possono risultare da un medesimo atto pubblico o da atti pubblici separati. In questo secondo caso, il contratto si perfeziona solo nel momento in cui il donatario notifica al donante la propria accettazione: sino a quel momento entrambe le parti possono revocare la loro dichiarazione di volontà. 

2. Spirito di liberalità: differenze tra atti a titolo gratuito, donazione e altre liberalità.

Sotto il profilo causale, la donazione è un contratto a titolo gratuito, ossia un contratto nel quale la prestazione del donante non trova giustificazione in una controprestazione del donatario (come, invece, nella compravendita, dove l’esborso economico del compratore trova la sua giustificazione nel fatto che il venditore si spoglia della proprietà di un bene).  

È, invece, il contratto con il quale un soggetto si impoverisce per arricchire un altro per mero spirito di liberalità.Ma la donazione non è l’unico atto a titolo gratuito, come non è l’unico atto di liberalità, diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.   Non ogni atto a titolo gratuito è una liberalità; non ogni atto di liberalità è una donazione ex art. 769 c.c.                        

Lo spirito di liberalità non si declina solo nello spirito umanitario o caritativo (generosità, affetto, amicizia); la liberalità è presente anche in chi dispone per riconoscenza o in considerazione di meriti del donatario o per speciale rimunerazione (cd. donazione rimuneratoria ex art. 770 c.c.).                                                                                                               Il concetto di liberalità, nelle sue varie declinazioni, esprime anzitutto l’assenza di costrizione, giuridica o anche solo morale, in chi dispone senza corrispettivo di un proprio diritto o si obbliga ad una prestazione. Così non si possono qualificare come liberalità l’atto gratuito posto in essere in esecuzione di un dovere giuridico (es. del contratto gratuito atipico con il quale il genitore separato dichiara di “donare” al figlio volendo con ciò adempiere al suo dovere di mantenimento ex art. 337-ter c.c.), oltre che l’adempimento delle obbligazioni naturali, per osservanza di un dovere morale o sociale (es. del perdente al gioco delle carte che paga spontaneamente la posta in palio al vincitore), e le cd. liberalità d’uso, ossia elargizioni che si fanno per conformistica ubbidienza al costume, (es. del cliente del ristorante che dà una mancia al cameriere per il servizio reso). 

Ma il concetto di liberalità indica anche l’assenza, in chi dispone, di un interesse di natura patrimoniale. Così non si può qualificare come liberalità anche l’atto a titolo gratuito, anche se non dettato da alcuna costrizione, con il quale il disponente persegue un proprio interesse di natura patrimoniale (es. del soggetto che rinuncia al credito che vanta nei confronti della società di cui è socio).                                                                                                                                                      

Il contratto tipico di donazione, però, non esaurisce la categoria delle liberalità tra vivi. 

Le liberalità diverse dalla donazione vengono solitamente indicate con il nome di liberalità atipiche o donazioni indirette, come tali disciplinate all’art. 809 c.c..  Muovendo dai dati offerti dall’esperienza giurisprudenziale, è possibile definire le liberalità atipiche come quegli atti giuridici, spesso tipici, (atti unilaterali, contratti gratuiti o onerosi, ovvero combinazione di più contratti o atti collegati tra loro) diversi dalla donazione, in cui l’arricchimento del beneficiario per spirito di liberalità è solo il risultato indiretto, che va ad arricchire lo schema causale minimo di quello specifico atto, e non la sua specifica funzione economico-sociale. Sono atti che possono essere impiegati per attuare, in via mediata, effetti economici equivalenti a quelli prodotti da una donazione tipica, ma se ne discostano, poiché la liberalità costituisce solo la conseguenza, non diretta né principale, di un negozio giuridico avente una causa diversa. Ad esempio, donazione indiretta può aversi quando le parti di un contratto di compravendita fissino un corrispettivo molto inferiore al valore reale del bene trasferito ovvero un prezzo eccessivamente alto, a beneficio, rispettivamente, dell’acquirente o dell’alienante. In tal caso, infatti, la compravendita è stipulata dalle parti anche per conseguire – appunto in via indiretta attraverso lo sbilanciamento tra le prestazioni corrispettive – un risultato, diverso ed ulteriore rispetto a quello tipico dello scambio di cosa con prezzo, consistente nell’arricchimento, per mero spirito di liberalità, del contraente che beneficia dell’attribuzione di maggior valore. 

Le liberalità atipiche sono dall’809 c.c. equiparate alla donazione a due specifici effetti: per assoggettarle all’azione di riduzione, se ledono i diritti dei legittimari (artt. 555 ss. c.c.), e alla disciplina della revocazione delle donazioni per causa d’ingratitudine e per sopravvenienza di figli (artt. 800 ss. c.c.). Le si ritiene soggette anche alle norme sulla collazione (artt. 737 ss. c.c.).                                                                                                                                                      

La differenza più rilevante, rispetto alla donazione diretta (o tipica), consiste nel fatto che, per la validità delle liberalità atipiche, non è richiesta la forma solenne dell’atto pubblico, essendo sufficiente l’osservanza della forma prescritta per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità.

3. La natura del trasferimento di denaro (di non modico valore) mediante bonifico bancario.

L’esperienza giurisprudenziale ha ricondotto nell’alveo delle donazioni indirette diverse fattispecie (sempre se – deve essere chiaro – sia rinvenibile la causa di liberalità): sia contratti, come il contratto a favore del terzo, il contratto bancario di deposito cointestato, la compravendita con prezzo irrisorio; sia atti unilaterali, come la remissione del debito.  Controversa, invece, è stata la natura di una particolare operazione bancaria, concernente il trasferimento di denaro (o altri valori mobiliari), di non modico valore, mediante bonifico bancario. Più precisamente si è dibattuto se l’operazione attributiva di denaro, di cospicuo valore, dal conto corrente bancario del beneficiante a quello di un terzo beneficiario, compiuta a titolo liberale attraverso una banca chiamata a dare esecuzione all’ordine di bonifico in tal senso impartito dal beneficiante-disponente, costituisca una donazione tipica, identificata dalla definizione offerta dall’art. 769 c.c., o sia inquadrabile tra le liberalità atipiche, ai sensi dell’art. 809 c.c., come tale sottratta all’onere formale della forma solenne. 

Nel luglio del 2017 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass., Sez. Un., 27 luglio 2017, n. 18725) hanno correttamente statuito che, ai fini civilistici, tale vicenda non rientra tra le donazioni indirette, ma configura una donazione diretta, sebbene ad esecuzione indiretta, soggetta alla forma dell’atto pubblico, salvo che sia di modico valore.                                             

L’ordine di bonifico (o bancogiro), da un lato, attiene alla fase esecutiva di un precedente contratto di deposito bancario in conto corrente, intercorrente tra ordinante-beneficiante e banca, in virtù del quale la banca si è obbligata ad eseguire i futuri incarichi ad essa conferiti dal cliente, ed il cui perfezionamento è circoscritto alla banca e all’ordinante, con conseguente estraneità del beneficiario, nei cui confronti, pertanto, l’incarico del correntista di effettuare il pagamento assume natura di delegazione di pagamento.                                                              

Dall’altro lato, il bancogiro, che rappresenta una delle modalità tracciabili di trasferimento del denaro (obbligatorie per importi superiori a mille euro), ha natura di atto unilaterale astratto, come tale inidoneo a veicolare lo spirito di liberalità, e quindi non in grado da solo di giustificare gli effetti del trasferimento di denaro da un patrimonio all’altro, salvo che non abbia fondamento in un negozio causale sottostante.               

Si è distinto tra ordine alla banca e contratto sottostante: l’operazione bancaria, compiuta dall’istituto di credito in adempimento dell’ordine di pagamento impartito dal beneficiante, costituisce mero adempimento di un distinto contratto di donazione tipico, già perfezionato e ad essa esterno, concluso tra beneficiante e beneficiario, il quale soltanto è in grado di giustificare gli effetti del trasferimento di denaro da un conto corrente all’altro.               Pertanto, il trasferimento, scaturente dall’operazione di bancogiro, è destinato a rinvenire la propria giustificazione causale nel rapporto sottostante tra l’ordinante-beneficiante e il beneficiario: ove questa si atteggi come causa donandi, occorre, per evitare la ripetibilità dell’attribuzione patrimoniale da parte del donante, l’atto pubblico di donazione tra il beneficiante e il beneficiario, a meno che si tratti di donazione di modico valore.                            

Si è di fronte, cioè, non ad una donazione attuata indirettamente in ragione della realizzazione indiretta della causa donandi, ma ad una donazione tipica ad esecuzione indiretta. 

Tuttavia, la Sezione Tributaria della stessa Corte (Cass., Sez. Trib., 20 marzo 2024, n. 7442), pur prendendo atto della qualificazione data dalle Sezioni Unite ai fini civilistici, ha ritenuto che la medesima operazione assuma, ai fini fiscali, la connotazione di donazione indiretta.                         

A tal fine, si è precisato che l’ordine di bonifico ha natura di negozio giuridico unilaterale, la cui efficacia vincolante, scaturisce da una precedente dichiarazione di volontà con la quale la banca si è obbligata ad eseguire i futuri incarichi ad essa conferiti dal cliente, e il cui perfezionamento è circoscritto alla banca e all’ordinante, con conseguente estraneità del beneficiario, nei cui confronti, pertanto, l’incarico del correntista di effettuare il pagamento assume natura di delegazione di pagamento. Attraverso l’atto di delegazione si realizza il fine di liberalità, producendo l’effetto, eccedente rispetto al mezzo, di una attribuzione gratuita. Infatti, l’accreditamento nel conto del beneficiario si presenta come il frutto di un’operazione eseguita da un soggetto diverso dall’autore della liberalità sulla base di un rapporto di mandato sussistente tra donante e banca, obbligata in forza di siffatto rapporto ad effettuare la prestazione in favore del beneficiario. Non appare dubitabile la rilevanza, nel caso in esame, tanto del dato soggettivo, rappresentato dall’intenzione del donante, condivisa dal donatario, di provocare un incremento del patrimonio del soggetto beneficiario, con depauperamento del patrimonio del soggetto disponente, attuato mediante l’ordine bancario, quanto del dato oggettivo, rappresentato dall’effettività del trasferimento di ricchezza sul conto riferibile al contribuente”. 

3.1. Profili tributari.

Il giudice tributario ha, poi, proseguito ad esaminare il profilo fiscale della vicenda.                      

A riguardo si può affermare che sia la donazione diretta sia le donazioni indirette sono soggette all’Imposta sulle donazioni, disciplinata dal d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346. Tuttavia sono sottoposte a regimi in parte differenti.                                                                                                 

Le donazioni dirette, per le quali vi è obbligo di registrazione in termine fisso (in quanto redatte con atto pubblico notarile), sono sempre rilevanti ai fini dell’Imposta sulle donazioni, fermo restando l’esonero da tassazione per il caso in cui l’atto di donazione sia collegato ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l’atto sia prevista l’applicazione dell’Imposta di registro, in misura proporzionale, o dell’IVA (art. 1, comma 4-bis). Inoltre, l’imposta non si applica alle donazioni di modico valore ex art 783 c.c. e alle donazioni effettuate per sostenere spese per il mantenimento, l’educazione o la malattia ex art. 742 c.c..                                     

Per determinare l’ammontare del tributo da versare bisogna prima tener conto delle franchigie e delle aliquote, differenziate a seconda del tipo di legame personale tra donante e donatario. Così:                                                                                                                                                              

– se il trasferimento avviene a favore del coniuge e di parenti in linea retta, si applica l’aliquota del 4 % nella parte eccedente la franchigia di un milione di euro;                                 

– se il trasferimento avviene a favore di altri parenti fino al quarto grado e di affini in linea retta si applica l’aliquota del 6%. Se a favore di fratelli e sorelle si applica la franchigia di centomila euro;                                        

– se il trasferimento avviene a favore di altri soggetti si applica l’aliquota dell’8% senza alcuna franchigia.                     

Qualora il beneficiario, parente o meno del donante, sia soggetto portatore di handicap grave, l’imposta si applica, con le diverse aliquote, solo sulla parte eccedente la franchigia di un milione e mezzo di euro. 

Mentre, per le donazioni indirette bisogna rifarsi all’interpretazione che la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione ha recentemente fornito circa l’art. 56-bis del d.lgs. 31 ottobre 1900, n. 346 (Cass., Sez. Trib., 20 marzo 2004, n. 7442).                     

La Corte, innanzitutto, ha ritenuto che costituiscono una fattispecie rilevante ai fini dell’Imposta sulle donazioni solo le donazioni indirette risultanti, anche per effetto di enunciazione, da atti soggetti alla registrazione (e, in particolare, da un atto formato per iscritto nel territorio dello Stato), salvo le fattispecie di esonero da tassazione previste anche per la donazione diretta. Ne consegue che, le donazioni informali, ossia quelle donazioni indirette non risultanti da atti soggetti alla registrazione in quanto non stipulate per iscritto né enunciate in un atto scritto, non sono un possibile oggetto di tassazione, dal momento che non ricorre il presupposto d’imposta.                                  

Tuttavia, ha chiarito che non vi è un generalizzato obbligo di sottoporre a registrazione e a tassazione con l’Imposta sulle donazione tutte le donazioni indirette risultati da atti soggetti alla registrazione. Tali liberalità, salvo che non rientrino nelle fattispecie di esonero, saranno oggetto di tassazione in due ipotesi:         

– nel caso in cui il contribuente (beneficiante o beneficiario) esplichi la facoltà di registrazione volontaria dell’atto;                                   

– nel caso in cui il contribuente confessi la liberalità nell’ambito di una procedura di accertamento di altri tributi, salvo la prescrizione decennale del debito d’imposta.                  

Con la differenza che, nel caso di registrazione volontaria, si applicherà la disciplina ordinaria delle franchigie e delle aliquote; invece, nel caso di accertamento officioso, il legislatore, con funzione latamente sanzionatoria, prevede l’applicazione dell’aliquota massima dell’8%, a prescindere dal tipo di legame personale tra donante e beneficiario.            

Così, ad esempio, se il trasferimento avviene a favore del coniuge e di parenti in linea retta, fermo restando la franchigia di un milione di euro, non si applica l’aliquota del 4 %, ma l’aliquota dell’8%.                                                                                                                   

Quindi è sempre consigliabile procedere con la registrazione volontaria. 

3.2. Conclusioni. 

Per quanto sembri emergere un’aporia tra le due impostazioni giurisprudenziali, esse in realtà non creano alcuna alterazione nel sistema, perché si muovono su piani distinti.                                   

Infatti, come affermato dalla Sezione Tributaria, l’inosservanza della forma pubblica richiesta dall’art. 782 c.c. e la relativa sanzione della nullità, se rilevano sul piano civilistico, a tutela del donante, nessuna conseguenza producono sul piano tributario. Le liberalità, anche se prive del requisito formale, costituiscono comunque manifestazione di capacità contributiva ex art. 53 Cost., essendo irrilevante a tali fini la formale stipulazione dell’atto e viceversa rilevante il fatto economico provocato dal trasferimento da un patrimonio ad un altro.                                                     

Ne consegue che, l’operazione di trasferimento di denaro mediante bonifico bancario, ai fini civilistici, deve continuare a essere qualificata come donazione diretta, e quindi, se non redatta con atto pubblico alla presenza di due testimoni, nulla per vizio di forma. Mentre, ai fini fiscali, deve rilevare come donazione indiretta, come tale sottoposta al regime fiscale previsto per tali liberalità e non a quello delle donazioni dirette.

Leonardo Sciscio

tirocinante UNIBO

2 Commenti

  1. ottimo articolo
    complimenti

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