Bruxelles si è fermata a Pordenone

da | 2 Apr 2017 | notariato, politica

Cristo si è fermato ad Eboli è un bel romanzo autobiografico di Primo Levi che racconta il periodo al confino in Basilicata dello scrittore. Nell’immaginario collettivo il titolo ha contribuito a forgiare l’immagine della cittadina campana (per la quale – sottolineo – non ho alcun pregiudizio e utilizzo solo in questa nota veste letteraria) come porta del nulla, ingresso in un mondo fuori dalla contemporaneità. Pertanto il parallelo fra questo profondo Sud e il ricco Nord-Est parrebbe ardito, ma ciò che pare impossibile per geografia e mente umana diventa triste realtà – metaforica – nel mondo del diritto.

E’ recente, infatti – e qui commentato – il tributo che l’Unione Europea ha riconosciuto al ruolo del Notaio; e subito – quasi in avventata replica – ci si trova a dovere fronteggiare una isolata pronuncia del Tribunale di Pordenone che – in sfregio a Bruxelles e diritto interno – cassa la necessità dell’intervento notarile in ambito di negoziazione assistita. Ma procediamo con ordine in una vicenda in cui, purtroppo, il diritto pare cedere ad interpretazioni di parte ed interessi carrieristici.

A seguito di una convenzione assistita di cui all’art. 6, terzo comma, decreto legge 12 settembre 2014 n. 132, si giungeva ad un accordo avente ad oggetto anche il trasferimento di beni immobili.  Le parti chiedevano la trascrizione dell’accordo nei Registri Immobiliari senza necessità dell’intervento del Notaio ed il locale Conservatore opponeva un rifiuto. A fronte di questo diniego veniva presentato un ricorso, deciso con ordinanza dal Tribunale, in cui – argomentando come la norma stabilisca che l’accordo in questione “produce gli effetti e tiene luogo” dei provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio, e che i provvedimenti giudiziali in genere non richiedono autenticazione delle sottoscrizioni da parte di ulteriori pubblici ufficiali a ciò autorizzati – si afferma la superfluità (rectius: addirittura l’irragionevolezza costituzionale) dell’autentica notarile.

Colleghi e giuristi ben più auterevoli del sottoscritto sono intervenuti sul tema smontando l’avventata ricostruzione giurisprudenziale. Volendo solo procedere ad un educativo “copia-incolla” è ben ricordare chi ha sottolineato la necessaria sistematicità degli art. 5 e 6 della normativa in oggetto. Ancora, ci sono stati richiami alla difficoltà di cittadinanza nel nostro ordinamento della tesi che proclama la trascrivibilità di tutti i provvedimenti giudiziali. Insistendo la stessa forma del provvedimento decisorio pone serie perplessità, trattandosi di un’ordinanza decisa dal Tribunale e non dal Presidente dello stesso, ai sensi dell’art. 113 bis disp. att. c.c.; in breve – e mi si consenta la durezza – chi ha deciso non solo ha errato nel merito, ma anche nella procedura.

In questa sede, tuttavia, non voglio accodarmi a coloro i quali – tantissimi e come sopra illustrato in primis soggetti esterni al mondo del notariato – hanno dato il loro contributo giuridico per smontare una decisione che scade nell’abnormità. Mi consento – invece – una riflessione di sistema.

Il provvedimento di Pordenone ha avuto una eco mediatica spropositata ed evidentemente eterodiretta per una decisione – avventata – di un Tribunale minore, ad opera di un giudice facente-funzioni (perché attualmente l’incarico di Presidente risulta vacante). Se pochi giorni prima la notizia del riconoscimento del ruolo dei Notaio da parte della Corte di Giustizia Europea era passata praticamente in sordina, la strada tracciata nel Nord-Est ha avuto risalto sui giornali e nelle edizioni serali dei telegiornali. Il tutto mentre a Roma si ridiscute di disegno di legge sulla concorrenza e semisconosciute sigle associative in ambito forense rivendicano competenze che chiunque può conseguire, vicendo un concorso pubblico. L’intesa è troppo evidente per essere casuale. Mentre nel resto d’Europa si celebra il ruolo del Notaio come garante della sicurezza dei rapporti giuridici in Italia si tenta – a picconate – di smantellarlo rendendo così ancora meno sicuro un sistema che fatica ad ottenere riconoscibilità e appeal a livello internazionale proprio per le proprie incertezze nell’ambito della giustizia.

Il vero tema che l’ordinanza di Pordenone pone non è se occorra o meno il Notaio per i trasferimenti immobiliari (perché questo lo dice già la legge: e la risposta è sì) ma quale Paese vogliamo per noi e per i nostri figli. Vogliamo un’Italia allineata alla giurisprudenza europea o alla mercé del primo provvedimento – abnorme anche nei termini procedurali – di un Tribunale di provincia? Vogliamo un legislatore sicuro che non lasci spazi ad interpretazione fantasiose riconducendo la magistratura al ruolo di bocca delle legge o che siano i giudici ad improvvisare le norme? Vogliamo carriere in via Arenula decise dalla qualità del lavoro o dall’eco sui media? Vogliamo Registri Immobiliari certi e sicuri come sono ad oggi o scimmiottare il modello americano in cui chiunque può vendere l’Empire State Building? Vogliamo che tutti paghino le tasse per i trasferimenti immobiliari o che si inscenino finte lite per godere delle agevolazioni fiscali in sede di mediazione? Vogliamo una vera riforma che riduca il carico dei Tribunali facilitando la mediazione assistita in cui la figura del giudice veramente scompaia, sostituito dal Notaio, pubblico ufficiale anch’esso terzo e imparziale, come da più voci inizialmente proposto, o andiamo avanti con un progetto per cui ancora si deve passare davanti al magistrato, e in più si alimentano contenziosi come quello in oggetto, e sinceramente non si comprende dove sia il risparmio di tempo e risorse?

Scegliamo se vogliamo l’Italia che si ferma ad Eboli o quella che guarda a Bruxelles.

Fabio Cosenza

Notaio

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