Alienabilità di beni in fondo patrimoniale

da | 22 Giu 2018 | famiglia

Il fondo patrimoniale rappresenta uno strumento di tutela per le coppie di coniugi o uniti civilmente – stante il rinvio alla disciplina codicistica ad opera del comma 13 della legge 76/2016 c.d. Cirinnà – che scelgono di costituirlo. Tuttavia, il fondo ha l’essenza del Giano bifronte: se da un lato con esso si ottiene la garanzia di mettere al riparo da pretese creditorie alcuni beni di proprietà di uno dei coniugi ovvero di uniti civili, ovvero di entrambi ovvero di un terzo  (potendo anche aggiungerne di ulteriori in momenti successivi) destinandoli ai soli bisogni della famiglia, d’altra parte genera vincoli e limiti nel caso in cui si intenda – poi – alienare beni oggetto del fondo. 

L’articolo 167 del  Codice Civile, nel disciplinare la costituzione del fondo patrimoniale, precisa che con esso si destinano determinati beni – immobili, mobili iscritti in pubblici registri, titoli di credito resi nominativi, frutti e pertinenze di beni mobili – a far fronte ai bisogni della famiglia. In sostanza, si costituisce un vincolo giuridico su detti beni al fine di tutelare il patrimonio familiare da eventuali e possibili attacchi o pignoramenti da parte dei creditori (si pensi ad esempio al caso di debiti originati dall’attività lavorativa di uno dei coniugi o degli uniti civili). L’articolo 170 Codice Civile, a tal proposito, sottolinea come per i beni oggetto del fondo non si osservi la regola generale di cui all’articolo  2740 Codice Civile, secondo cui il debitore risponde del debito con tutti i suoi beni presenti e futuri: i debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia non saranno aggredibili.

Singoli coniugi, ovvero uniti civili, ma anche entrambi i coniugi e gli uniti civili, ovvero terzi – col consenso della coppia coniugata o unita civilmente, sono legittimati a costituire il fondo, nelle prime due ipotesi mediante la stipula di un atto pubblico notarile con presenza obbligatoria di testimoni (anche prima delle nozze o della registrazione dell’unione, ma con efficacia decorrente da tali momenti, ovvero durante il matrimonio o la unione civile), nell’ultimo caso anche con testamento. Esclusi dunque, coppie non sposate e conviventi di fatto che abbiano regolarmente registrato la loro convivenza, i quali potranno solo scegliere il regime di comunione legale dei beni qualora vi sia un contratto di convinenza (come meglio analizzato nel precedente contributo Il Notariato commenta la Cirinnà, cui si rinvia).

Capita frequentemente, però, che si richieda al Notaio di alienare, trasferire, ipotecare, dare in pegno o vincolare beni appartenenti ad un fondo patrimoniale precedentemente costituito. Occorre in questi casi tenere a mente che non si può procedere liberamente, ma bisogna rispettare una serie di requisiti ed adempimenti a seconda dei casi. Schematicamente, ai sensi dell’articolo 169 C odice Civile:

  • se l’atto costitutivo tace circa la possibile futura alienazione dei beni, è opportuno che i coniugi – o gli uniti civili – rilascino manifestamente il proprio consenso all’alienazione;
  • qualora vi siano figli minori, invece, potrà esservi alienazione di tali beni solo previa autorizzazione del Tribunale, la cui competenza territoriale è determinata in base al luogo di residenza del minore ai sensi dell’articolo 38 disposizioni attuative Codice Civile, nei casi di necessità o utilità evidente.

L’alienabilità di beni del fondo – di centrale rilevanza pratica – è stata più volte analizzata in giurisprudenza, considerato anche l’ampio dibattito circa la derogabilità del consenso della coppia e dell’autorizzazione del Tribunale, come sembrerebbe dall’inciso iniziale della norma “Se non è stato espressamente consentito nell’atto di costituzione[…]”. 

La recente sentenza n. 4196/2018 della Corte di Cassazione è risolutoria. La Corte Suprema si interroga sulla natura di una clausola di pegno su un bene del fondo patrimoniale senza vi sia stata autorizzazione preventiva del Giudice ed elabora un principio generale in materia: la clausola con la quale i coniugi – in presenza di figli minori – si riservino di alienare, ipotecare, dare in pegno ovvero vincolare un bene destinato ai bisogni della famiglia, senza previa autorizzazione del Tribunale realizza una simulazione assoluta. 

E’ dunque preferibile evitare, ormai, fondi patrimoniali con libera alienabilità dei beni ad esso appartenenti.

Raffaella Di Marco

dott.ssa - collaboratrice Studio

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