Registro Imprese, start-up, block-chain: cambiamo il futuro.

da | 10 Ago 2016 | politica, societario

Nel dibattitto che si scalda sotto il sole d’agosto in attesa della decisione della TAR Lazio circa il ricorso avanzato dal Consiglio Nazionale del Notariato sul nuovo modello di start-up senza controlli notarili sono entrate anche le Camere di Commercio. Ci si riferisce in particolare a due recenti distinte iniziative avente ad oggetto un seminario – a pagamento.. – su come “costituire una srl senza notaio” e alla pubblicizzazione della costituzione stessa anche a mezzo video (anche qui, con oneri, circa un migliaio di euro, a carico delle parti).

Nel volere comunque rispettare un – più o meno legittimo – tentativo da parte di un ente pubblico (perché tali sono le Camere di Commercio) di condizionare un confronto su un tema che non dovrebbe coinvolgerlo direttamente, si rende tuttavia necessario contestualizzare gli episodi ricordati, con una ricostruzione anche di recente storia politica.

Nel 2014 l’allora Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi chiese al premier Matteo Renzi di superare il sistema camerale il cui costo è in gran parte (alcune stime parlano di circa 800 milioni di euro) a carico delle imprese, obbligate a versare oboli annuali. Per fare un paragone, nel medesimo anno la costituzione di circa 100.000 nuove società ha reso ai Notai chiamati a ricevere i relativi atti – ipotizzando un compenso medio pari a 1.000 euro – 100 milioni di euro: una cifra pari ad un ottavo, dovuta una tantum e non da versare obbligatoriamente ogni anno.

Il Governo ha impiegato del tempo nel riscontrare la richiesta di Confindustria, giungendo solo nel 2016 alla previsione, nel contesto della cosiddetta riforma Madia, di una riduzione del numero delle Camere di Commercio (a circa 60; il premier inizialmente parlava di “azzerarle”) nonché ad un taglio di personale (che però andrà ricollocato) e dei diritti annuali dovuti dalle imprese (con il Notariato – si perdoni il confronto – in tema di SRLS si è fatto di più: sono gratis). La reazione degli enti è stata – comprensibilmente – netta, con una serie di iniziative che passano da pubblici, più o meno autorevoli, endorsement (dalle relative RSU al presidente di Confcommercio Carlo Sangalli), rivendicazioni circa la propria efficienza ed utilità, fino alle invasioni di campo di cui sopra.

Non è interesse dello scrivente sminuire il ruolo delle Camere di Commercio né alimentare quella che rischia di ricordare la celebre lotta fra i capponi di manzoniana memoria. Non ho remore ad elogiarle pubblicamente sottolineando una generale attenzione alle problematiche societarie, disponibilità al confronto, capacità di riscontro; volendo evidenziare anche gli aspetti negativi la “burocratizzazione” (che comporta spesso la necessità di doversi confrontare con più operatori nell’attesa di direttive da superiori) e la frammentazione territoriale (con conseguente disomogenità di vedute e prassi) tendono tuttavia ad essere spesso elementi di sconforto. Le buone intenzioni e il rispetto per lavoro e funzioni altrui non possono però impedire di avanzare una considerazione di sistema.

Il controllo notarile in ambito societario origina ad inizio degli anni 2000 – in sostituzione dell’omologa del Giudice – con l’espresso intento di “favorire la nascita, la crescita e la competitività delle imprese” (art. 2 lett. a) legge delega 3 ottobre 2001 n. 366). L’obbiettivo del legislatore era quello di rendere più celere tutta l’attività giuridica in ambito societario senza tuttavia dovere rinunciare ai controlli, prima condizione per lo sviluppo di un sano tessuto economico. Il risultato, ad oggi, risulta pienamente conseguito, come testimoniano sia i vari autorevoli inviti (più volti in questa sede citati) a non smantellare la presenza notarile nel settore, sia i risultati su tempi e modalità di costituzione delle società, che possono essere “contestuali”.

Detto controllo, è innegabile, non può essere sostituito da una verifica solo formale ex-post (come può la Camera di Commercio effettuare riscontri – ad esempio – in materia di anti-riciclaggio o effettiva volontà delle parti che non ha innanzi?) o dalla presenza di un modello standard da compilare ex-ante (con un format, che come già illustrato, era stato anche inizialmente licenziato con errori marchiani)? Se veramente si volesse superare il controllo notarile sarebbe necessario prevedere un ulteriore passaggio, che potrebbe alternativamente e necessariamente strutturarsi con un ritorno al passato (omologa del Giudice) o con il potenziamento delle Camere di Commercio, con maggiori oneri a carico delle imprese e con una – ovviamente – riqualificazione del personale (i Notai, giova ricordarlo, hanno vinto un concorso pubblico di una difficoltà non banale). Ha senso questa sostituzione? Conviene appesantire un sistema giustizia già al collasso o gravare di altre spese (e percorsi di totale riorganizzazione) il mondo delle imprese? La risposta non può che essere negativa.

In questa ricostruzione, se si vuole continuare nel solco del superamento del sistema camerale così come invocato da Confindustria, non si può che ridefinire nel senso dell’insostituibilità il ruolo del Notaio. Una centralità aiutata anche dalla tecnologia, ed in particolare dal meccanismo della catena di blocchi (più noto come block-chain, di cui proprio qui si è sommariamente anticipata la struttura), che, come già detto, non deve essere aprioristicamente rigettato ma può trovare cittadinanza nel nostro ordinamento se organizzato secondo “qualificati” nodi della rete. E quei nodi, soprattutto in ambito societario, possono essere i Notai, sostituti naturali delle Camere di Commercio anche nella tenuta del Registro delle Imprese, che avrebbe così una natura “condivisa e diffusa”.

L’occasione per il sistema Paese, può essere storica; la sostituzione delle Camera di Commercio – per quanto riguarda il segmento societario – con i Notai offre possibilità difficilmente ripetibili. E non ci si riferisce solo ed esclusivamente al profilo della semplificazione, ma anche alla possibilità di testare per la prima volta a livello nazionale il meccanismo della catena di blocchi, conseguendo un primato globale che entrerà nella storia. Lo stesso modello finirebbe per essere oggetto di studio e di “esportazione”; certo, nulla di nuovo sotto il sole, per il Notariato italiano, “copiato” dalla Cina nel momento di dare le prime regole alla propria nascente economica di mercato. Tutto questo, volendo guardare oltre, nell’attesa della “Societas Unius Personae” su cui l’Unione Europea sempre più spinge, con forte accento sul profilo digitale, e che finirà per sostituire le nostre imprese individuali. Partire oggi con la catena di blocchi notarile in ambito societario ci renderà protagonisti anche di quella rivoluzione, destinata a segnare gli equilibri del mercato unico continentale, soprattutto per un sistema, quale quello italiano, che vive di piccole e medie imprese.

Catena di blocchi, Notariato, imprese; al Governo chiedo: vogliamo cambiare il futuro?

Fabio Cosenza

Notaio

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