PLUSVALENZA E USUFRUTTO

da | 7 Apr 2024 | fisco, immobiliare | 0 commenti

In svariate occasioni abbiamo avuto modo di affrontare e approfondire la questione relativa alla c.d. plusvalenza da redditi diversi, come disciplinato dall’Art. 67 TUIR (DPR 22/12/1986 n. 917); sul punto rinvio anche al video esplicativo del Notaio.

Per capire meglio di cosa parliamo, giova ricordare che rientrano nei “redditi diversi” tutti quelli percepiti al di fuori dell’esercizio di arti, professioni o di imprese commerciali o di società in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché tutto ciò che non rientra nei redditi fondiari o nei redditi da lavoro dipendente.

Si rende tuttavia necessario precisare che, a partire da quest’anno, l’art. 1 comma 92 della Legge di bilancio 2024 (L. 30/12/2023 n. 213) ha modificato l’art. 9 comma 5 e l’art. 67 comma 1 lett. h) del TUIR stabilendo la tassazione come “redditi diversi” della costituzione di diritti reali di godimento sugli immobili (uno su tutti: usufrutto).

La nuova formulazione del suddetto articolo ha introdotto la lettera h) e annovera quindi tra i redditi diversi:

i redditi derivanti dalla concessione in usufrutto, dalla costituzione degli altri diritti reali di godimento e dalla sublocazione di beni immobili, dall’affitto, locazione, noleggio o concessione in uso di veicoli, macchine e altri beni mobili, dall’affitto e dalla concessione in usufrutto di aziende; l’affitto e la concessione in usufrutto dell’unica azienda da parte dell’imprenditore non si considerano fatti nell’esercizio dell’impresa, ma in caso di successiva vendita totale o parziale le plusvalenze realizzate concorrono a formare il reddito complessivo come redditi diversi

Una prima distinzione tra cessione e costituzione di diritti reali di godimento può aiutare nell’analisi e nella comprensione dell’applicabilità della novella legislativa.

Si definisce “cessione” l’atto di trasferimento, a titolo oneroso, di un diritto preesistente e già nella disponibilità del soggetto, di cui lo stesso intende spogliarsi, senza trattenere alcunché. Si pensi al caso di Tizio, titolare del diritto di nuda proprietà, che cede il medesimo diritto a Caia: la disciplina applicabile sarà quella dell’Art. 67 comma 1 lett. b) del TUIR, con le dovute eccezioni in relazione alla natura del bene, al tempo dall’acquisto, alla tipologia di acquisto, ai lavori eseguiti ecc .

Si parla, invece, di “costituzione” nel caso in cui il soggetto ponga in essere e costituisca, appunto, un diritto reale “nuovo” che sarà oggetto del trasferimento. In quest’ultimo caso, si ritiene applicabile la suddetta lettera h) dell’art. 67 comma 1 TUIR.

Ovviamente si devono considerare tutti quei casi in cui il soggetto cedente di fatto vada a costituire anche un nuovo diritto reale di godimento, configurandosi pertanto una restrizione del proprio apporto e non una estinzione. Si pensi, ad esempio, a Tizio che intenda cedere il diritto di nuda proprietà a Caio riservandosi il diritto di usufrutto: sembra pacifico che anche tale ipotesi rientri nella fattispecie dell’art. 67 comma 1 lett. h) .

Particolare attenzione va prestata, inoltre, a quelle fattispecie che rientrano negli atti a titolo oneroso, quali possono essere, in via esemplificativa, la costituzione di diritti reali di godimento attuata mediante permuta, prestazione in luogo di adempimento, transazione, conferimento in società.

A tale variazione legislativa, di non poco momento dal punto di vista fiscale, ne sono seguite altre più o meno rilevanti. Anzitutto si è confermato che, ai fini della tassabilità dei redditi diversi, è essenziale che si faccia riferimento a trasferimenti a titolo oneroso, cioè che importano e prevedono un corrispettivo pattuito dalle parti.

Sono quindi da escludere dalla novella:

tutti gli atti o cessioni a titolo gratuito o in cui non è rilevabile un corrispettivo (si veda l’art. 9, comma 5, del TUIR)

l’assegnazione di diritti reali di godimento in sede di divisione senza conguagli o in esecuzione di accordi o sentenze di separazione o divorzio, in quanto, se non è previsto un corrispettivo, si rientra nel perimetro degli atti a titolo gratuito; invece qualora sia previsto un corrispettivo si dovrebbe rientrare nel perimetro dell’art. 19 della legge n. 74/1987 che esonera da “ogni altra tassa” gli atti ed i provvedimenti relativi al divorzio e alla separazione personale in virtù di quanto deciso dalla Corte Cost. 10 maggio 1999, n. 154.

La criticità di questa introduzione fiscale consiste soprattutto nel quantificare il valore effettivamente tassabile.

Sembra chiaro che non solo non sono previste ipotesi di esclusione (come nel caso di cui alla lett. b) art, 67 comma 1), ma non è nemmeno possibile avvalersi della normativa sul versamento dell’imposta sostitutiva del 26%. L’art. 71 TUIR, infatti, prevede esplicitamente che i redditi di cui alla lett. h) “sono costituiti dalla differenza tra l’ammontare percepito nel periodo d’imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione”, e in tale occasione si richiamano anche le fattispecie relative a redditi da lavoro autonomo e da attività commerciali non abituali.

Si può dunque arguire che:

la base imponibile è determinata dal corrispettivo o, laddove non sia previsto e la costituzione avvenga a titolo oneroso, il valore dei diritti oggetto di costituzione

la tassazione avviene in relazione al periodo di imposta in cui è stato percepito il corrispettivo, indipendentemente dalla durata del diritto

sono irrilevanti, e quindi non detraibili, le spese sostenute per miglioramenti del bene, risultano detraibili solo le spese di produzione

Rimane però da chiarire che cosa si intenda per “spese di produzione” ai fini della detrazione.

Stanti gli attuali dubbi che restano ad oggi da colmare e risolvere, il timore è quello che, in assenza di una indicazione circa l’imposta sostitutiva da versare, tutto l’ammontare (corrispettivo o valore dei diritti) possa costituire la base imponibile.

dott.ssa Giulia Lo Cuoco

collaboratrice Studio

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