Il decreto del Governo del 29 aprile 2016: quante criticità

da | 1 Mag 2016 | banche, politica

Con il decreto varato in data 29 aprile 2016 il Governo Italiano torna ad intervenire in materia di banche e crediti nel tentativo – ad oggi a dire il vero assai vacuo – di dare solidità ai nostri istituti di credito garantendo tempi più rapidi – con minori garanzie – in materia di esecuzioni.

Nel mare magnum dei provvedimenti adottati (dal rimborso degli obbligazionisti delle prime – aggettivo non casuale – quattro banche tricolori travolte dalla crisi per arrivare alla digitalizzazione delle procedure fallimentari) in questa rapida sede alcuni sono i punti che si ritiene opportuno sottolineare, rimandando al testo adottato e ai futuri commenti in materia.

In primis si affronta il cosiddetto pegno non possessorio che consente al debitore (impresa) di dare in garanzia un proprio bene potendo tuttavia continuare ad utilizzarlo per le esigenze del processo produttivo. La pubblicità (principale ed unica forma di tutela in ipotesi del genere) è devoluta ad un registro telematico tenuto dall’Agenzia delle Entrate, la stessa delle cartelle pazze, dei dirigenti senza concorso, delle registrazioni ancora cartacee dei preliminari, dei controlli-show a Cortina e Porto Cervo. Non si possono nascondere dubbi circa l’affidabilità del registro e la tutela dei debitori.

In secondo luogo, in libera interpretazione dell’art. 2744 Codice Civile, si prevede la possibilità del cosiddetto patto marciano, l’accordo che consente al creditore di acquisire il bene immobile dato in garanzia dal debitore in caso di mancata restituzione del finanziamento da parte di quest’ultimo. La clausola (limitata – per ora – ai rapporti tra banche e imprese) potrà essere inserita nei nuovi contratti di finanziamento oppure espressamente aggiunta anche nei vecchi. Unici timidi puntelli di tutela a garanzia del debitore sono i limiti quantitativi e temporali di definizione dell’inadempimento e l’inserimento della figura del “terzo valutatore” del valore del bene. Superfluo commentare che l’impresa, parte debole del rapporto di credito, subirà la scelta del terzo e l’inserimento della clausola anche nei vecchi contratti; le banche finiranno per trovarsi “in pancia” immobili strumentali spesso non nuovi e di difficile collocamento, con inevitabile abbattimento dei costi di cessione da un lato e obbligato indirizzo del cliente interessato all’acquisto previo finanziamento verso propri beni piuttosto che esterni dall’altro, in una spirale che contribuirà a rendere ancora più asfittico il mercato immobiliare non abitativo.

Inoltre si interviene in sede procedurale, con termini più stringenti per opposizioni, facoltà di assegnazione a terzi in asta, introduzioni di tecnologie telematiche e registri digitali. Scelte interessanti e sicuramente dovute, ma non è con la sola tecnologia che si accelera la giustizia, come i tanti limiti del processo civile telematico testimoniano.

Concludendo, come già espresso in precedenza, il giudizio rischia di essere negativo: l’ennesimo tentativo di aiutare i creditori (dove creditori significa unicamente banche) eliminando garanzie ed introducendo istituti eccezionali nel nostro ordinamento. Si continua a non cogliere l’essenza della criticità del mercato del credito che risiede non tanto nella fase esecutiva ma in quella di concessione. Accanto ad una riforma che prevede corsie facilitate in sede di recupero sarebbe necessario introdurre strumenti che costringano il creditore istituzionale – e pertanto qualificato o supposto tale – ad una maggiore valutazione del rischio e soprattutto ad un personale – da parte di chi ha effettuato la scelta in seno al soggetto bancario – accollo di responsabilità.

Infine, una dovuta nota di rammarico professionale sul pegno non possessorio. All’elaborazione dell’istituto hanno partecipato anche autorevoli esponenti del notariato, prevedendo, in accordo senza tentennamenti con gli altri attori del percorso, una competenza dei Notai a livello pubblicitario, quale forma di tutela per il debitore e soprattutto per gli altri creditori. La previsione di un registro digitale tenuto dall’Agenzia delle Entrate – soggetto novello in materia – cozza totalmente con questa prospettiva ed umilia la categoria di pubblici ufficiali cui appartengo. Scoraggia – ma non sorprende – l’assoluto silenzio del Ministro della Giustizia Andrea Orlando, la cui scarsa considerazione – ed ivi mi trattengo – è nota. Speriamo che anche questa volta (come già accaduto con la fine della riserva esclusiva in materia di cessioni di autoveicoli cui è seguita l’esplosione delle intestazioni fantasma con le annesse spese di giustizia a carico di tutti i contribuenti) non sia il Paese a dovere pagare per l’impreparazione di un Ministro della Repubblica.

 

Fabio Cosenza

Notaio

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