Ricostruire subito, ma dobbiamo cambiare le regole

da | 31 Ago 2016 | politica

Il terribile sisma che ha investite l’Italia centrale su cui si sono già spese le necessarie e sentite parole di cordoglio porta ora – con i movimenti tellurici che sembrano ridursi – il peso della ricostruzione. Questa fase ha storicamente rappresentato nei vari eventi catastrofici che hanno investito il Paese una vera mangiatoia e mantice nella fucina del malaffare, con costi che esplodono, imprese in odor di criminalità che spadroneggiano, interventi di recupero non all’altezza delle dovute aspettative tecniche e totalmente dimentichi dei rischi del passato. Il problema, in verità, parrebbe essere a monte ed investare il più generale tema degli appalti pubblici, soprattutto in ambito edilizio; ed infatti, con espresso riferimento alla zona colpita dal sisma, il presidente dell’Autorità anticorruzione dott. Raffaele Cantone già dice “il numero degli immobili crollati è oggettivamente eccessivo“.

E’ evidente, dunque, che l’Italia sia alle prese con la sfida – che non possiamo perdere – di garantire la regolarità e la trasparenza della fase di ricostruzione con un occhio al più globale rapporto tra Stato ed imprese che con lo stesso lavorano. A modesto parere di chi scrive gli spunti con cui intervenire su un corpus normativo comunque già importante e degno di apprezzamento investono tre distinti profili.

Il primo è quello della riduzione selettiva dei soggetti che possono contrarre con la Pubblica Amministrazione. Esistono già – se ne dia atto – limiti soggettivi, necessità di presentare certificazioni, “list” di vario colore, requisiti in capo ad amministratori, ma è evidente (lo ricordano le immagini dei crolli sotto gli occhi dell’Italia intera) come tutto ciò non sia sufficiente. E’ infatti necessario – in questo frangente, innanzi alla cancrena diffusa – operare più con il machete che con il bisturi, eliminando interi settori in cui il rischio infiltrazione è senza dubbio più alto. Così procedendo, non ci si può esimere dal precluedere la torta della ricostruzione alle SRLS, società semplificate ormai sempre più strumento per avere a buonissimo mercato scatole vuote intestate a prestanomi. Ad evidenziare la diffusità del fenomeno, alcuni riferimenti: l’operazione “Tramonto” della Guardia di Finanza di Roma nel 2014 in cui le semplificate erano indiscusse protagoniste, un’alta percentuale d’inattività (appena il 60% a settembre 2015), la marcata diffusione nelle aree del Paese dove purtroppo più sentito è il rischio d’infiltrazione criminale. L’esclusione non dovrebbe altresì limitarsi al solo “ingresso diretto” nell’appalto della SRLS ma anche la partecipazione in veste di subappaltatore o consorziato; l’intera filiera deve essere, come la moglie di Cesare, al di sopra di ogni sospetto.

Il secondo profilo d’intervento concerne la stipula del contratto d’appalto, per cui già dal 2013 è prevista la forma dell’atto notarile informatico. La scelta, una brillante intuizione finalizzata principalmente ad “informatizzare” la Pubblica Amministrazione, ha riscosso tuttavia scarso successo, con i vari enti ancora arroccatti attorno alla carta e ad una purtroppo spesso poco trasparente gestione interna. E’ chiaro come il legislatore debba insistere con coraggio nel percorso inaugurato tre anni fa e rendere l’atto pubblico informatico l’unica scelta possibile in questo settore, eliminando ogni residua resistenza ed eccezione. Procedere in tal senso permetterebbe da un lato di implementare l’informatizzazione della Pubblica Amministrazione e dall’altro di inserire un ulteriore controllo esterno nel meccanismo degli appalti. Per la crollata scuola di Amatrice si parla di imprese prive dei requisiti formali di partecipazione: la devoluzione dell’atto al Notaio – quotidianamente impegnato nella verifica della legittimità ad intervenire dei comparenti – di certo avrebbe evidenziato la circostanza e bloccato la sottoscrizione del contratto.

Infine, l’attenzione si deve concentrare su quella che ormai viene ritenuta la fase più “a rischio corruzione” dell’intero appalto: il collaudo conclusivo. Lo stesso dott. Raffaele Cantone ha ben illustrato come “La nostra esperienza ci dice che è nella fase esecutiva, più che in quella dell’aggiudicazione dell’appalto, che si verificano anomalie e si annidano molti episodi di corruzione. Il problema è individuare collaudatori di garanzia, perché è un problema di uomini. A volte si è consentito a magistrati o a personaggi di rilievo di fare i collaudi, proprio perché apparivano più di garanzia.” Il presidente dell’Anac, ad onore del vero, ha chiarito come comunque vi siano dei rischi di condizionabilità, come la vicenda del Mose insegna, con 14 milioni di euro distribuiti fra 130 tra tecnici ed uomini delle Istituzioni su cui iniziano ad addensarsi parecchi dubbi. La proposta che si avanza al dott. Raffaele Cantone è quella di valorizzare il ruolo del Notaio, pubblico ufficiale che ha giurato “di essere fedele alla Repubblica“, estraneo anche ad ipotesi di “scarsa opportunità” che invece possono investire altri soggetti quali i magistrati. La previsione normativa della necessaria presenza di un Notaio – che ovviamente non abbia alcun tipo di rapporto professionale con l’impresa coinvolta – in sede di collaudo darebbe un’ulteriore garanzia circa l’effettivo svolgimento dello stesso come necessario.

In conclusione mi pare evidente che la fase della ricostruzione rappresenti un banco di prova importante per il Paese, che deve alle zone colpite, oltre la necessaria solidarietà, anche la certezza di lavori rapidi e sicuri. I suggerimenti avanzati in questa sede vogliono portare ad una riflessione normativa sul tema, anche nell’ottica di tentare una vera e propria svolta verso la legalità. Tuttavia, anche in assenza di una più stringente legge in materia, nulla vieta alle virtuose pubbliche amministrazioni di guardare oltre, applicando da subito le proposte illustrate: niente più SRLS rischiose, atto pubblico informatico sempre e comunque, Notai in sede di collaudo. Queste scelte, a costo zero per i pubblici soggetti e per i privati operatori, possono costituire il vero biglietto da visita per chi vuole cambiare il Paese uscendo dalle troppe zone d’ombra che ancora ne condizionano lo sviluppo. Da un lato un suggerimento per il dott. Raffaele Cantone, ma dall’altro un invito ad anticipare i tempi a tutta l’Italia: non dobbiamo avere paura della legalità.

Fabio Cosenza

Notaio

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