La separazione non travolge la prima casa

da | 15 Ott 2017 | famiglia, fisco

Publio Virgilio Marone, nelle Bucoliche, ci regala Gaio Cornelio Gallo declamante “Omnia vincit amor et nos cedamus amori“: l’amore vince tutto e noi cediamo all’amore. La locuzione ha ancora moderno successo e – incredibile! – trova applicazione anche in ambito tributario dove l’amore, seppur finito, sconfigge anche le rapaci pretese del fisco.

E’ quanto ci conferma la Corte di Cassazione – con la sentenza 29 marzo 2017 n. 8104 – decidendo su una vicenda di alienazione infraquinquennale di un immobile nel contesto della regolamentazione dei rapporti patrimoniali fra ex coniugi. In breve marito e moglie si acquistano un’abitazione richiedendo e godendo dei benefici prima casa. Purtroppo l’amore finisce, i due coniugi convengono di separarsi – consensualmente – e lui, a definizione conciliativa dei rapporti economici, trasferisce a lei la propria quota dell’immobile, acquistato da meno di cinque anni. Il dato temporale è determinante perché – come noto – la rivendita infraquinquennale di una prima casa non seguita (o preceduta, come da novella legislativa del 2016) da un altro acquisto sempre agevolato comporta la decadenza dalle agevolazioni con recupero fiscale ad opera dell’Agenzia delle Entrate. Ed è esattamente ciò che avviene, con il fisco, rapace, che contesta la circostanza, una prima Commissione Tributaria (Provinciale) che rigetta il ricorso del contribuente, una seconda Commissione Tributaria (Regionale) che invece dà ragione al ricorrente ed infine – come visto – la Cassazione che sancisce che nulla è dovuto.

La sentenza è degna di nota perché fornisce un punto fermo in ambito fiscale nonché di definizione dei rapporti patrimoniali fra ex-coniugi, fattispecie alimentata dagli oltre 50.000 divorzi e quasi 100.000 separazioni che ci sono ogni anno in Italia. Ma il provvedimento rappresenta anche l’occasione per affrontare due questioni collegate di non secondaria importanza che invece – spesso – rischiano di essere trascurate.

La prima concerne la necessità che l’alienazione sia prevista nel contesto della separazione, consensuale o giudiziale. Pertanto il provvedimento dell’Autorità Giudiziaria deve fare menzione della volontà di cedere il bene ed in forza di tale espressa previsione sarà possibile godere sia della totale esenzione da imposte (per chi acquista, in forza delle previsioni dell’art. 19 legge 6 marzo 1987 n. 74) che dell’assenza di contestazioni per decadenze (nel caso di chi rivende nei cinque anni, come da vicenda sopra ricordata). Ma cosa accade con le nuove formule del divorzio o separazione “breve”, innanzi all’Ufficiale dello Stato Civile? In queste ipotesi la sola previsione di un assegno di mantenimento è già discussa, ma – come anche il Consiglio di Stato ha chiarito con la sentenza depositata il 26 ottobre 2016 n. 4478 – di certo è esclusa la possibilità di disciplinare eventuali trasferimenti immobiliari. La ratio è indiscutibile: il Sindaco è eletto e pagato – dalla collettività – per amministrare l’ente locale, non per mediare fra ex-coniugi che hanno voluto risparmiare gli oboli dei legali (il sempre ricorrente tema delle “semplificazioni”, che alla fine nascondono solo un trasferimento di costi dal singolo fruitore di quel servizio all’intero sistema Paese) e pertanto non deve essere impegnato in valutazioni di congruità di accordi e case di abitazione. La fondamentale conseguenza di questo scenario è che chi si avvale dei percorsi “brevi” per separarsi o divorziare non avrà possibilità di accedere ai benefici fiscali di legge e quindi pagherà le imposte per il trasferimento e decadrà se ha alienato nei cinque anni.

Il secondo aspetto che è opportuno toccare concerne il diverso scenario dell’assegnazione della casa coniugale (ex art. 155 quater Codice Civile) acquista godendo delle agevolazioni prima casa. Detto diritto – si ricorda – ha natura personale, di godimento e atipica e può essere trascritto nei Registri Immobiliari ex art. 2643 Codice Civile. In questa ipotesi, il coniuge non assegnatario – che quindi ha perduto la disponibilità del bene – può acquistare un secondo immobile usufruendo nuovamente delle agevolazioni prima casa? Purtroppo ad oggi non si ha una posizione della giurisprudenza di legittimità in materia e quindi – premesso il consiglio di enorme cautela – è possibile solo offrire ricostruzioni di parte. La personale risposta è nel senso della positività, rinviando proprio alle considerazioni della Corte di Cassazione nella sentenza di cui sopra ed in altri procedimenti analoghi. In particolare i togati del Palazzaccio evidenziano come la ratio della norma di cui all’art. 19 della legge 6 marzo 1987 n. 74 (esenzione globale in ambito di scioglimento del matrimonio, estesa pacificamente anche alle separazioni) va individuata nel favorire la definizione conciliativa dei rapporti patrimoniali tra coniugi, con una particolare attenzione del legislatore al volere evitare conseguenze fiscali sfavorevoli per i coniugi. In questa prospettiva – e nel solco di volere “snellire”, seppure in maniera maldestra, come visto, separazioni e divorzi – non può che inserirsi la possibilità, per il coniuge non assegnatario, di poter riacquistare con le agevolazioni prima casa; l’opposta ricostruzione, infatti, lo consegnerebbe ad una immotivata (e non voluta: di certo – potendo – si sarebbe tenuto la casa, che neppure può alienare!) posizione di “sudditanza” fiscale.

Concludendo, è necessario avanzare due auspici.

Guardando al domani non può che invocarsi un intervento del legislatore sul tema che armonizzi questo – non lineare – piano fiscale dando pieno riscontro alle decisioni della magistratura ed inserendo anche le fattispecie – come quella di cui sopra – non definite. E’ altresì evidente il rigetto – da parte dei consolidati meccanismi civilistici – del tentativo (a carico di tutti!) di distrarre il diritto dalle proprie sedi naturali per affidarlo ad incolpevoli ufficiali dello Stato Civile. Si approfitti dell’occasione per riparare il corto circuito prendendo magari spunto dalle fortunate esperienze europee, come in Francia, dove, con meno costi e più servizi per tutti, si divorzia dal Notaio.

Pensando invece a chi si trova oggi a dovere affrontare la fine di un amore non si può che consigliare attenzione per le scorciatoie ed una valutazione puntuale anche dei profili fiscali relativi ai trasferimenti immobiliari. In tal senso le figure di Notaio ed avvocato non sono in conflitto ma anzi possono coesistere nell’interesse unanime: il secondo curerà la posizione del singolo cliente mentre il primo rappresenterà il punto di raccordo e di esecuzioni delle volontà patrimoniali. La stessa prassi – diffusa a macchia di leopardo e già oggetto di varie censure – di relegare al provvedimento dell’Autorità Giudiziaria anche il momento traslativo sta manifestando i suoi limiti, fra tempistiche meno fluide, appesantimenti per i Tribunali (e tutti noi paghiamo..), criticità in sede di conservazione degli atti ed estrazione delle copie, inquietudini fiscali.

Come sempre esistono strade più brevi contrapposte a strade più sicure: quali vogliamo prendere?

Fabio Cosenza

Notaio

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