La vendita della piena proprietà, nel caso in cui gli acquirenti chiedano di acquistare separatamente l’usufrutto e la nuda proprietà, rientra nel regime delle plusvalenze immobiliari di cui alla lett. b) dell’art. 67 Tuir. Infatti all’esito dell’operazione, il venditore, avendo venduto la piena proprietà, non conserva un altro diritto reale, spossessandosi del bene in maniera completa e definitiva
In breve e traducendo per i “non tecnici”: non si ha plusvalenza che emerge in dichiarazione dei redditi nel caso di cui sopra, ma solo (ricorrendone i requisiti: rivendita entro cinque anni di bene che non ha costituito la propria abitazione principale) eventualmente la “classica” plusvalenza immobiliare.
Tutto bene quindi?
Fino a due giorni fa.. potevamo dire di sì, ma ecco che interviene la rapace Agenzia delle Entrate e cambia tutto, con la risposta ad Risposta n. 133_2025.
In breve l’Amministrazione Finanziaria smentisce totalmente l’iniziale (e pacifica e fondata) ricostruzione del Notariato e pretende che in ipotesi di cessione a due soggetti diversi di nuda proprietà e usufrutto (nel contesto della stessa vendita) in capo al venditore – relativamente all’usufrutto – emerga una plusvalenza tassabile in sede di dichiarazione dei redditi.
Non posso (io fra tanti) che evidenziare una certa (eufemismo) perplessità sul contenuto della risposta ad interpello di cui sopra nonché (in generale) sul modus operandi adottato dall’Agenzia delle Entrate; i motivi sono molteplici.
Si pone in primis una questione temporale. La norma è in vigore da gennaio 2024, il Notariato ha offerto una autorevole interpretazione già a febbraio 2024 e solo a maggio 2025 si interviene travolgendola. E tutti coloro che hanno già pacificamente stipulato subiranno quindi ora accertamenti fiscali e recuperi in sede di dichiarazione dei redditi?
Emerge altresì un tema di ragionevolezza sull’attribuzione della responsabilità fiscale. Il venditore si trova infatti a dovere pagare le imposte per una scelta fatta dall’acquirente e su cui – in genere – non ha discrezionalità. E’ diffusa se non tipica la presenza della clausola “per sé o per persona da nominare” nei contratti preliminari e nelle proposte delle agenzie immobiliari con cui l’acquirente si obbliga ad acquistare. Quella clausola consente pacificamente all’acquirente di indicare a rogito anche un usufruttuario. Certo, da oggi si cercherà di limitarla, ma per tutte le proposte e i preliminari già firmati?
Il regime fiscale di questo genere di plusvalenza è inoltre fortemente punitivo per il proprietario. La plusvalenza infatti non è esclusa dall’avere adibito l’immobile a propria abitazione principale oppure da un acquisto ultraquinquennale. Semplificando: se si è acquistata casa trent’anni fa, ci si è sempre abitativo, la si rivende e l’acquirente intende acquistare per sé la nuda proprietà e per un proprio famigliare il diritto di usufrutto è comunque dovuto il pagamento della plusvalenza da parte del venditore
Ancora: non c’è neppure la possibilità di chiedere l’applicazione dell’imposta sostitutiva pari al 26% ma l’importo deve essere regolato esclusivamente in sede di dichiarazione dei redditi.
Le conseguenze di questa ricostruzione da parte dell’Agenzia delle Entrate rischiano di essere serie e pregiudizievoli per molti.
Innanzitutto si avranno – per questi diciassette mesi di silenzio – accertamenti fiscali successivi con conseguente contenzioso tributario.
Ora per i preliminari e le proposte già firmati in cui ora la parte acquirente intende operare una scissione fra nuda proprietà ed usufrutto si apriranno non banali discussioni, anche qui con il non recondito rischio di finire in Tribunale.
Conti alla mano, se da un lato lo Stato prenderà con l’Agenzia delle Entrate dall’altro pagherà con rallentamento della macchina della giustizia, in un Paese in cui i tempi dei processi sono già infiniti.
Concludo con due diverse considerazioni.
Io – sperando di non essere un inguaribile ottimista – ritengo tuttavia evidente che a seguito del contenzioso tributario che si svilupperà la risposta ad interpello in trattazione sarà travolta per palesi motivi anche di iniquità fiscale.
Dall’altro tuttavia abbiamo un problema cogente, cioé di come gestire le pratiche già in essere e quelle prossime, nel contesto di un rapporto che rischia di diventare “complesso” fra parte venditrice e parte acquirente. Già si affacciano all’orizzonte varie soluzioni (costituzione successiva dell’usufrutto, indicazione di un corrispettivo minimo, deviazione degli effetti) ma – mio consiglio spassionato – è bene verificare ogni singola specifica situazione con il proprio Notaio di fiducia.
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