Quote sociali e comunione legale tra coniugi

da | 27 Ago 2020 | famiglia, societario | 8 commenti

Il tema dell’acquisto delle quote sociali in regime di comunione legale dei beni rappresenta ancora oggi uno dei più spinosi problemi in sede di ricostruzione della disciplina della comunione dei beni tra coniugi. Infatti, anche complice il silenzio del legislatore in materia, l’argomento agita ancora dottrina e giurisprudenza.

Secondo l’art 177 del Codice Civile, costituiscono oggetto della comunione legale:
a) gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali;
b)  i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione;
c)  i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati;
d)  le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio (qualora si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio, la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi).

La regola generale quindi prevede che, i beni acquistati durante il matrimonio, anche da uno solo dei coniugi, rientrano nella comunione legale (art. 177 c.c.) e sono in comproprietà.

Se l’art. 177 contiene la regola generale, gli articoli 178 e 179 del codice civile contengono delle eccezioni.

L’art. 178 prevede i casi che cadono in comunione “de residuo”, cioè si parla di beni che sono “destinati all’esercizio dell’impresa di uno dei coniugi costituita dopo il matrimonio e gli incrementi dell’impresa costituita anche precedentemente” e sono considerati oggetto della comunione solo se dopo lo scioglimento di quest’ultima i beni esistono ancora.

L’art. 179, prevede invece, quelli che sono i beni esclusi dalla comunione e che restano beni personali, come:
– i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento;
– i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando nell’atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla comunione;
– i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori;
– i beni che servono all’esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di una azienda facente parte della comunione;
– i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa;
– i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all’atto dell’acquisto.

La domanda che ci poniamo è se la regola generale dettata dall’art 177 si applichi anche alle partecipazioni societarie; non esistono infatti disposizioni legislative che stabiliscano quale sia il regime giuridico delle partecipazioni sociali acquistate da soggetti coniugati in regime di comunione legale dei beni.

Per risolvere questo tema dobbiamo necessariamente interrogarci circa la natura della quota sociale, ed in particolare se la stessa debba essere considerata come “res” o semplicemente come diritto di credito.

In materia si sono infatti manifestati due diversi indirizzi: il primo considera la quota societaria un autonomo bene immateriale, mentre il secondo, le attribuisce natura di mero diritto di credito.

Se il problema non si pone per l’indirizzo che considera la quota societaria un autonomo bene immateriale, in quanto porta a considerare quest’ultima come un qualsiasi altro bene suscettibile di cadere nella comunione legale come previsto dall’art. 177 lett. a), delle difficoltà si pongono per la teoria che considera le quote sociali al pari dei diritti di credito.

Infatti, anche per i diritti di credito, si era posta la questione se questi potessero o meno far parte della comunione legale.

Conseguentemente, se la quota societaria viene assimilata ad un diritto di credito e se si ritiene il diritto di credito non sia suscettibile di entrare in comunione immediata, di conseguenza anche le quote societarie non saranno suscettibili di cadere in comunione. Nel caso contrario, la soluzione prevederà che sia i diritti di credito sia le quote sociali saranno suscettibili di cadere in comunione.

La Corte di Cassazione (Cass. Civ., Sez. I, 09/10/2007, n. 21098) ha in seguito stabilito che «anche i crediti così come diritti a struttura complessa come i diritti azionari in quanto “beni” ai sensi degli artt. 810, 812 e 813 c.c., sono suscettibili di entrare nella comunione, o per effetto di donazione o successione (art. 179 c.c., comma 1, lett. b) ove specificamente stabilito nell’atto di liberalità ovvero nel testamento, oppure attraverso lo speciale meccanismo di acquisizione previsto dall’art. 177 c.c., comma 1, lett. a)». Quindi, infine, anche i diritti di credito possono cadere nella comunione legale.

Si può allora affermare che sia considerando la quota societaria in termini di diritto di credito, sia attribuendole la qualifica di “res”, essa è idonea a cadere in comunione immediata ex art. 177, 1° co., lett. a), c.c.

L’ acquisto di partecipazioni societarie effettuato da uno solo dei coniugi è escluso dalla comunione legale quando questo è avvenuto prima del matrimonio o durante il matrimonio per effetto di donazione, testamento o con il corrispettivo del trasferimento di beni personali, a condizione però che ciò sia espressamente dichiarato nell’atto di acquisto.

Nel caso contrario, invece, cioè quando l’acquisto è avvenuto durante il matrimonio ed i coniugi hanno scelto il regime della comunione legale dei beni, si ha il caso in cui l’acquisto della partecipazione sociale da parte di uno dei coniugi rientra nella comunione legale.

Il silenzio del legislatore del 1975 al momento della riforma del diritto di famiglia ha sollevato varie difficoltà in relazione alla caduta in comunione degli acquisti di partecipazioni sociali in costanza di matrimonio. E sulla questione esistono diverse tesi.

Una delle tesi in questione, finora prevalente in dottrina e in giurisprudenza, distingue tra due ipotesi:
– il caso in cui le partecipazioni comportano la responsabilità illimitata del socio
– il caso in cui le partecipazioni comportano la responsabilità limitata del socio

Nel caso in cui le partecipazioni azionarie comportino la responsabilità illimitata del socio, l’indirizzo interpretativo tende ad escluderne l’inclusione immediata nella comunione legale, ed a farle rientrare nella comunione “de residuo” ex art 178 c.c. .

A sostegno di questa teoria è stata evidenziata la natura strettamente personale della partecipazione sociale, incompatibile con l’ acquisto automatico della comproprietà da parte dell’altro coniuge.

Inoltre, si è sottolineato come una contitolarità automatica della partecipazione acquisita dal coniuge non socio ex art. 177, 1° co., lett. a), C.C., finirebbe con il comportare la grave conseguenza della sua responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali contratte da una società cui egli è di fatto estraneo (Cass. Civ., Sez. I, 01/02/1996, n. 875).

Nel 2009 la Corte di Cassazione (Cass. Civ., Sez. II, 02/02/2009 n. 2569) si è pronunciata, in realtà in modo contrario, affermando che «l’iniziale partecipazione di uno dei coniugi ad una società di persone ed i suoi successivi aumenti, ferma la distinzione tra la titolarità delle quote e la legittimazione all’esercizio dei diritti nei confronti della società che essi attribuiscono al socio, rientrano conseguentemente tra gli acquisti che, a norma dell’art. 177, lett. a) c.c., costituiscono oggetto di comunione legale tra i coniugi, anche se effettuati durante il matrimonio ad opera di uno solo di essi, e non beni personali, ove non ricorra una delle ipotesi previste dall’art. 179 c.c.».

Questa decisione della Corte di Cassazione ha lasciato, chiaramente, grandi perplessità, in quanto si trova in contrasto con gli elementi posti alla base dell’opposto indirizzo. Inoltre, questa è la prima pronuncia di legittimità di segno contrario ed è quindi necessaria una certa prudenza nel recepire queste ultime conclusioni.

Nel caso invece dell’acquisto di partecipazioni sociali che comportano la responsabilità limitata del socio, cioè si parla di azioni di spa, quote di srl e partecipazioni dell’accomandante nelle società in accomandita, è necessario, analizzarle in modo distinto, in quanto sono state soggette a differenti considerazioni.

Per quanto riguarda le azioni, a queste è stata attribuita la natura di “res” e da ciò se ne è dedotta l’inclusione del relativo acquisto alla comunione immediata ex art. 177, 1° co, lett. a) del c.c..

Per ciò che concerne invece l’acquisto di quote di società a responsabilità limitata, l’impossibilità di assimilarle alle azioni ha posto in passato delle difficoltà per quanto riguarda il riconoscimento della qualità di “res” e, di conseguenza, a ritenerle idonee alla caduta diretta nella comunione legale dei beni secondo l’art 177 c.c. La Corte di Cassazione è in seguito intervenuta, affermando che le quote di srl, rappresentano anch’esse un «bene immateriale equiparato ex art. 812 c.c., al bene mobile materiale (non iscritto in pubblico registro) e resta sottoposta alla disciplina legislativa di questa categoria di beni» (Cass. Civ., Sez. III, 12/12/1986 n. 7409). Si può quindi affermare che anche l’acquisto di quote di SRL ricade immediatamente in comunione legale dei beni.

Infine, anche per quanto riguarda le quote di partecipazione del socio accomandante di società in accomandita per azioni, una soluzione è stata trovata dalla Commissione Tributaria Centrale (Sez. VI, 17/06/1992 n. 4049), secondo la quale «l’acquisto di quote di partecipazione in società in accomandita semplice effettuate in regime di comunione legale, durante il matrimonio, da uno dei coniugi fa ricadere automaticamente in comunione tra i coniugi le quote suddette con la conseguenza che i redditi di partecipazione sociale sono da imputare per la metà a ciascuno dei coniugi».

Si può dunque affermare, che secondo questa tesi, largamente appoggiata da dottrina e giurisprudenza, le partecipazioni azionarie che comportano la responsabilità illimitata del socio cadono nella comunione “de residuo” ex art 178 c.c., mentre, le partecipazioni azionarie che comportano la responsabilità limitata del socio cadono immediatamente in comunione ex art 177 c.c. .

Esiste, infine, un’ulteriore tesi, appoggiata da una dottrina più recente e da una giurisprudenza minoritaria. Questa ricostruzione prevede che la possibilità della partecipazione azionaria di cadere o meno in comunione possa essere basata non tanto sulla distinzione tra responsabilità illimitata o limitata del socio, ma piuttosto sulla sua destinazione: se l’acquisto è avvenuto a titolo di investimento, allora la quota cadrà immediatamente in comunione dei beni; se l’acquisto della partecipazione è avvenuta con lo scopo di utilizzare quest’ultima come strumento per lo svolgimento di un’attività imprenditoriale del singolo coniuge, allora ricadrà in comunione de residuo come previsto dall’art 178 c.c.. Non si dovrebbe, dunque, secondo quest’ultima teoria, guardare al regime di responsabilità, ma bisognerebbe valutare lo scopo dell’acquisto e valutare se è stato effettuato dal coniuge per motivi personali o se per un’iniziativa imprenditoriale.

Quest’ultima tesi viene considerata da molti, dal punto di vista teorico, molto affascinante e convincente, soprattutto in quanto sembra ben corrispondere alla realtà economia e sociale attuale, ma allo stesso tempo viene ritenuta di difficile puntuale ricostruzione ed applicazione.

Ludovica Adriano Battisatella

dott.ssa - collaboratrice Studio

8 Commenti

  1. Buongiorno,
    avrei da porre un quesito:
    ho una società di persone sas, in qualità di socio accomandatario, e mia moglie acquisterebbe ( o in alternativa le sarebbero donate) le quote del socio accomandante , ma noi siamo in comunione di beni.
    E’ possibile effettuare questo atto?
    Vi ringrazio

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  2. Buongiorno, ho letto e riletto questo convincente articolo che mi serve come indirizzo nel lavoro che sto facendo a tutela della mia assistita, purtroppo per Lei ancora in comunione legale di fatto col marito, da cui si è separata nel 2015, ed ora anche divorziata, all’interno della srl della famiglia dell’ ex coniuge. Se non vi è dubbio che Ella sia condividente la quota, questo lo riconosce anche il suo ex coniuge, ma poi nella realtà Ella è esclusa da ogni atto di gestione della società, la quale, senza informarla, si è messa in scioglimento e liquidazione dal 2018, rimanendo liquidatore il suo ex cognato.
    La Signora, mio tramite, nei termini di cui all’ art.2479 Ter C.C. Ha impugnato questo atto di scioglimento e liquidazione proprio perchè Lei non è stata informata oltre che perchè nell’assemblea si dava atto della regolare convocazione assembleare a tutti i soci, e tra i soci all’epoca vi era anche il suocero, in realtà morto da anni.
    La società, nel costituirsi, si dichiara estranea alla vicenda dello scioglimento della quota indivisa, invitandoci ad agire per lo scioglimento verso l’ ex coniuge, al contempo contestando che la mia assistita possa esercitare il potere di impugnativa assembleare, essendo, a suo dire Lei quotista, ma non socia. Che ne pensate?

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    • Immagino che la ricostruzione della società sia nei termini di un mero diritto di credito della moglie relativamente alla quota, da ciò derivando la sua non valutazione quale socia.
      Personalmente è una tesi che non escluderei.
      La natura (di persone o di capitali) della società può anche incidere in tal senso.

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  3. Buongiorno, sono sposata dal 2002 in comunione dei beni . ad oggi mi sto separando ,
    Nel 2008 il mio ex ha costituito una srl conferendo i beni immobili in questa societa dove lui è amministratore unico.
    i beni immobili sono stati tutti comprati tutti dopo il matrimonio sempre in comunione dei beni
    preciso che sull’atto della società ha fatto scrivere di essere in comunione dei beni con me.
    ho diritto al 50% della societa?

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    • Mi sembra difficile abbia conferito l’intera proprietà di beni in comunione legale; suggerisco di approfondire la circostanza.

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      • buongiorno le assicuro che quando siamo andati dal notaio per costituire la società una srl e abbiamo conferito i beni immobili allinterno è stato scritto che io e lui siamo in comunione dei beni. L’atto è in mio possesso. lui solo amministratore unico.

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        • I beni immobili conferiti sono ora della società.

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