RINUNCIA EREDITA’ E DEBITI DEL DEFUNTO: QUANDO SI E’ AL SICURO?

da | 12 Dic 2021 | successioni | 4 commenti

Prima di analizzare il caso portato alla luce da una recentissima Ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 36080 del 23 novembre 2021, chiariamo cosa comportano, rispettivamente, la rinuncia e l’accettazione – pura e semplice o beneficiata – rispetto ai debiti dell’eredità. 

La rinuncia all’eredità, disciplinata dall’art. 519 c.c., è un negozio giuridico unilaterale, di straordinaria amministrazione – che presuppone, dunque, la piena capacità di agire – di carattere non recettizio.

Tale atto permette al soggetto che lo pone in essere di sottrarsi da tutti i rapporti (siano essi attivi o passivi) che interessavano il de cuius. 

E’ importante sottolineare però che, l’atto di rinuncia, pur essendo a titolo gratuito, non integra una liberalità poiché non determina l’acquisto da parte di un altro soggetto per volontà del rinunciante. Tale atto comporta unicamente la dismissione della delazione la cui devoluzione ulteriore è conseguenza legale che si distacca dalla volontà del rinunciante che, qualora dovesse, invece, rinunciare a favore di uno o più specifici soggetti, otterrebbe l’effetto contrario, essendo, tale comportamento, qualificabile come accettazione tacita d’eredità, tipologia che tratteremo con più attenzione in seguito. 

L‘accettazione con beneficio d’inventario, regolata dall’art. 484 c.c., consente, invece, all’erede di evitare la confusione del proprio patrimonio con quello del defunto, con l’evidente beneficio di sottrarsi ai debiti del medesimo, pur accettando l’eredità. 

L’erede, in concreto, diviene titolare di due masse patrimoniali separate. La prima rappresentata dal proprio patrimonio, che sarà aggredibile unicamente dai propri creditori, la seconda rappresentata dal patrimonio del defunto, sul quale potranno soddisfarsi entrambe le tipologie di creditori, personali ed ereditari, anche se, questi ultimi, saranno privilegiati. 

L’accettazione pura e semplice, disciplinata dall’art. 470 c.c., implica, al contrario, la confusione dei due patrimoni con tutte le facilmente comprensibili conseguenze in termini di debiti inerenti l’eredità.

Le tipologie appena analizzate permettono di chiarire il rapporto che vengono ad avere i debiti del defunto con il patrimonio dell’erede ma la qualità di erede, di fatto, come si acquista? 

Nell’ordinamento italiano l’acquisto non è automatico, anzi, un soggetto, finchè non accetta l’eredità, è considerato come mero chiamato, in parole povere, si può ritenere unicamente come “potenziale erede”. 

Le tipologie di accettazione sono le seguenti:

1) l’accettazione espressa, disciplinata dall’art. 475 c.c., consiste in una dichiarazione manifesta che comporta il palesarsi di una volontà diretta all’acquisto dell’eredità; 

2) l’accettazione tacita viene disciplinata dall’art. 476 c.c. a norma del quale la stessa è ravvisabile “quando un chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede”. 

In tale forma, quindi, mancherebbe il carattere della dichiarazione esplicita. 

Tale ultima tipologia può rappresentare un problema nel caso in cui sia ravvisabile relativamente ad un atto posto in essere da un soggetto che ha già rinunciato o desidera rinunciare all’eredità. 

Seppur tenendo sempre in considerazione il fatto che la giurisprudenza ha più volte ribadito che l’onere di provare l’accettazione tacita grava su chi sostiene che si sia verificata, ruolo, chiaramente, molto spesso rivestito dal creditore insoddisfatto. 

Alla luce di tali premesse, abbiamo tutti gli strumenti necessari per un’idonea comprensione del caso in esame, relativo all’Ordinanza della Corte di Cassazione precedentemente richiamata, la n. 36080 del 23 novembre 2021.

In particolare, la medesima Corte, ha ribadito il disposto dell’art. 485 c.c. a norma del quale Il chiamato all’eredità, quando a qualsiasi titolo è nel possesso di beni ereditari, deve fare l’inventario entro tre mesi dal giorno dell’apertura della successione o della notizia della devoluta eredità […]”. 

Ma, al fine di una maggiore comprensione dell’inciso, analizziamo nei particolari il caso di specie. 

Tutto parte da una notifica dell’Agenzia delle Entrate ricevuta da alcuni soggetti in veste di chiamati all’eredità del debitore principale. 

In seguito alla stessa, i presunti eredi avevano provveduto a porre in essere un atto di rinuncia, consapevoli dell’efficacia retroattiva ai sensi dall’ar. 571 c.c., ottenendo, su tali basi, il parere favorevole al proprio ricorso da parte della Commissione Tributaria Provinciale. 

L’appello, proposto dall’Agenzia delle Entrate alla Commissione Tributaria Regionale, veniva respinto poiché ritenuto infondato sulla base del fatto che secondo la Commissione, non era, nel caso in esame, necessario predisporre l’inventario ex art. 485 c.c., poiché, i presunti eredi, non si trovavano nel possesso di beni facenti parte del compendio ereditario.

Le precedenti decisioni vengono, però, ribaltate dalla Suprema Corte che, in particolare, punta il dito sull’errore di valutazione della Commissione che la ha preceduta nella valutazione del caso sottolineando che non è possibile ritenere che il domicilio dei soggetti all’interno dell’immobile di proprietà del de cuius non venga considerato come possesso dei beni ereditari. 

Di conseguenza, non avendo tali soggetti effettuato l’inventario nei termini previsti dall’art. 485 c.c., sono da considerare eredi puri e semplici avendo posto in essere (almeno) un atto che comporta accettazione tacita di eredità.

Conclusione, tra l’altro, non estranea alla Corte di Cassazione che si era così pronunciata anche nella Sentenza n. 4845 del 29 marzo 2003. 

Rachele Nuti

dott.ssa - collaboratrice Studio

4 Commenti

  1. Buonasera vorrei un consiglio.Mio nonno paterno è venuto a mancare e io essendo erede non diretta in quanto mio padre è venuto a mancare prima di lui vorrei sapere come mai l’avvocato che ha difeso mio nonno per una citazione in tribunale mi chiede essendo erede il pagamento di una quota dovuta da lui. Da precisare che un mese fa è venuta a mancare anche mia nonna e l.avvocato chiede a me di pagare.È possibile che io debba pagare con tanta urgenza visto che in questi giorni l udienza è stata interrotta?da premettere che non è stata fatta ancora una successione .Posso aspettare la successione prima di pagare?o sono costretta a pagare subito?

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    • Se è erede risponde anche dei debiti di Suo nonno, per questo motivo l’avvocato Le sollecita il saldo.

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  2. Preg.mo Notaio,
    il mio quesito è il seguente:
    Tizio decede, lasciando un ingente debito: vi sono dei beni relitti, ma soprattutto occorre intraprendere una procedura esecutiva nei confronti di terzi proprietari (che sono peraltro i figli). Questi ultimi hanno rinunciato all’eredità e cosi anche i figli di questi ultimi (minori). Successivamente l’actio interrogatoria è stata promossa nei confronti dei fratelli del defunto (che comunque non ha lasciato testamento). I fratelli non hanno accettato nè rinunciato entro il termine indicato dal Giudice. Mi confermate che bisogna promuovere l’actio interrogatoria nei confronti dei figli dei fratelli? e successivamente, nei confronti di chi, per arrivare poi ai parenti fino al sesto grado? L’obiettivo è individuare un erede a cui notificare l’atto di precetto.
    La ringrazio per l’attenzione.

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    • Confermo che decorso il termine dell’actio interrogatoria i chiamati hanno perso il diritto ad accettare.

      E’ necessario procedere con gli ulteriori chiamati, sul punto è utile un coordinamento con il legale che vi ha già seguito.

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