AGIBILITA’ E PRELIMINARE

da | 6 Mar 2022 | immobiliare | 1 commento

La mancanza del certificato di agibilità, definito dall’art. 24 del Testo Unico sullEdilizia come “un documento tramite il quale si attesta che un determinato immobile, a seguito dell’edificazione o di determinati interventi, possegga le condizioni di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico definite dalla normativa vigente e che sia stato realizzato secondo quanto indicato nel progetto”, costituisce, qualora tale circostanza non sia stata accettata in fase di contrattazione, legittimo motivo per il promissario acquirente di non stipulare la compravendita definitiva.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con la sentenza 20 maggio n. 9226/2020, avente ad oggetto il ricorso proposto dai promittenti venditori di un immobile con cui convenivano in giudizio il promissario acquirente ai fini di accertare il loro legittimo esercizio del diritto di recesso dal contratto preliminare sottoscritto, nonché la relativa cancellazione con conseguente trattenimento della caparra versata.

Gli attori peroravano le proprie tesi sostenendo che nel contratto preliminare fosse fatto espresso riferimento all’assenza del certificato di agibilità e come, prima della data della stipula del contratto definitivo, il promissario acquirente avesse illegittimamente preteso il differimento della data del rogito contestualmente al dimezzamento del prezzo di vendita, sulla base dell’assenza del citato certificato; inoltre, il predetto soggetto, non si era successivamente presentato per la stipula del contratto definitivo nel termine convenuto, dimostrandosi così inadempiente rispetto alle obbligazioni assunte con il contratto preliminare.

Il convenuto chiedeva invece il rigetto della domanda e l’accertamento della legittimità del suo recesso, nonché la condanna dei ricorrenti al pagamento del doppio della caparra.

Sul caso si pronunciava il Tribunale di Roma che, con la sentenza n. 3886/2017, legittimava il recesso del promissario acquirente in virtù del suo interesse ad acquistare un immobile dotato del certificato di agibilità, condannando i ricorrenti al pagamento del doppio della caparra. Tale orientamento era poi confermato in appello, con la sentenza n. 8091/2017, in cui si metteva in evidenza la non scarsa importanza di tale inadempimento, nonché la mancata prova della rinuncia del promissario acquirente al requisito dell’agibilità dell’immobile oggetto del contratto preliminare.

Presentato successivamente ricorso in Cassazione, la Corte rilevava l’infondatezza, rigettandoli, dei plurimi motivi fatti valere dai promissari venditori, assecondando quindi la pronuncia del Tribunale di Roma: il fatto che nella proposta di acquisto fosse chiaramente indicato che l’immobile fosse privo del certificato di agibilità, non costituiva presupposto per la rinuncia del promissario acquirente di vedersi consegnato all’atto della stipula della vendita il documento attestante l’agibilità dell’immobile oggetto del preliminare.

Era infatti a carico dei promittenti venditori l’adempimento di procurarsi e consegnare il certificato di agibilità ed era l’assolvimento di tale obbligo a rilevare al fine di considerare se il contratto si potesse risolvere per effetto del recesso giustificato del promissario acquirente: nel caso di specie, la Corte richiamava inoltre il consolidato principio (Cass. n. 16216/2008, Cass. n. 30950/2017 e Cass. n. 23265/2019) per cui il rifiuto del promissario acquirente era da ritenersi giustificato poiché egli aveva interesse a ottenere la proprietà di un immobile idoneo ad assolvere la funzione economico-sociale e a soddisfare i bisogni che inducevano all’acquisto, e cioè la fruibilità e la commerciabilità, per cui i predetti certificati devono ritenersi essenziali.

Neppure il termine indicato nel preliminare per la successiva conclusione del definitivo poteva qualificarsi come essenziale poiché, dalla semplice formula “entro e non oltre”, non era possibile evincere la sussistenza di specifiche pattuizioni dalle quali ricavare la necessità dei promittenti venditori di stipulare il contratto definitivo nella data indicata nel preliminare: ciò era dimostrato dalla corrispondenza tra le parti circa la possibilità di giungere a una proroga del termine al fine di risolvere la questione sull’acquisizione del certificato di agibilità dell’immobile oggetto del contratto.

Il termine stabilito per la stipulazione del contratto definitivo non costituiva infatti un termine essenziale, il cui mancato rispetto legittimasse lo scioglimento del contratto, salvo che, come statuisce l’art. 1457 c.c., risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di considerare ormai perdura l’utilità economica del contratto con l’infruttuoso decorso del termine.

Pacificamente individuata la condotta dei promittenti venditori come un inadempimento di non scarsa importanza, si consideri infine come non sussistevano neppure le condizioni di risoluzione del contratto per mutuo dissenso, avendo il promissario acquirente manifestato l’interesse a stipulare il contratto definitivo.

Pertanto, la Corte legittimava la condotta del promissario acquirente, dissipando qualunque dubbio sulla ammissibilità di non stipulare il contratto definitivo di vendita in mancanza del certificato di agibilità nel caso in cui tale situazione non sia stata chiaramente accettata in fase di contrattazione.

Mariangela Trofè

avv. | collaboratrice studio

1 commento

  1. Ma dai

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