Lo stato legittimo dell’immobile

da | 22 Ott 2020 | immobiliare | 0 commenti

Una delle maggiori novità apportate dal d.l. 16 luglio 2020 n. 76 convertito in legge 11 settembre 2020 n. 120 che ha introdotto modificazioni al d.P.R. n. 380 del 2001 riguarda, certamente, lo stato legittimo dell’immobile che assume notevole rilevanza in fase di circolazione dello stesso. 

Al fine di approfondire al meglio il tema, riportiamo la nozione contenuta nel nuovo comma 1 bis dell’art. 9 bis: 

“Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia”.

Dalla nozione precedentemente riportata possiamo desumere che è possibile riscontrare lo stato legittimo dell’immobile dai documenti di seguito meglio identificati in base alla tipologia di realizzazione dell’immobile di riferimento. 

In primo luogo vediamo gli immobili realizzati in base ad un titolo abitativo. 

In questa tipologia rientrano gli immobili di cui sia possibile verificare la corrispondenza tra lo stato di fatto dell’immobile al titolo abilitativo iniziale o a quelli successivi che ne hanno autorizzato la realizzazione o la modificazione. 

In secondo luogo troviamo gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo. 

All’interno della presente casistica, lo stato di fatto sarà riscontrabile tenendo in considerazione, oltre alla documentazione pregressa di varia natura (informazioni catastali di primo impianto, riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio ecc.) che possa attestare la provenienza, al titolo abitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio sull’immobili nella sua totalità, integrato da eventuali interventi successivi. 

Rientrano in tale categoria gli immobili edificati in data anteriore alla c.d. “legge-ponte” (l. 765/1967) che ha esteso la licenza edilizia all’intero territorio nazionale. 

Per ultimi, ma non per numero di casi, vediamo gli immobili realizzati in base a titolo abilitativo che non si rinvenga e del quale non se ne abbia copia, purché sussista un principio di prova.

In questo caso si avrà la creazione di un documento sostitutivo del titolo abilitativo che non si rinvenga negli archivi comunali. 

Questa creazione deve considerarsi relativa unicamente al piano documentale del titolo smarrito non vedendo, di fatto, la venuta alla luce di un nuovo titolo ex post.

L’articolo 9 bis comma 1 bis assume, quindi, le vesti di una norma definitoria che sancisce una regola ben precisa: lo stato legittimo di un immobile può discende esclusivamente dal titolo edilizio che ne ha autorizzato la realizzazione.

Osservando il nuovo testo dell’art. 34 bis del TUE introdotto dal c.d. “Decreto Semplificazioni“, si potrebbe supporre che lo stato legittimo possa discendere anche da un’attestazione asseverata da parte di un tecnico abilitato. 

Tuttavia, una simile interpretazione, appare oltremodo estensiva.

Di fatti, sarà possibile, unicamente, attestare che nell’esecuzione di una determinata opera siano state rispettate le “tolleranze costruttive” come definite dai commi 1 e 2 dell’art. 34 bis, precedentemente richiamato, che riportiamo di seguito nella loro interezza insieme al comma 3 che pone l’accento sulla finalità dell’intervento del tecnico: 

“1. Il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo.

2. Fuori dai casi di cui al comma 1, limitatamente agli immobili non sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, costituiscono inoltre tolleranze esecutive le irregolarità geometriche e le modifiche alle finiture degli edifici di minima entità, nonché la diversa collocazione di impianti e opere interne, eseguite durante i lavori per l’attuazione di titoli abilitativi edilizi, a condizione che non comportino violazione della disciplina urbanistica ed edilizia e non pregiudichino l’agibilità dell’immobile.

3. Le tolleranze esecutive di cui ai commi 1 e 2 realizzate nel corso di precedenti interventi edilizi, non costituendo violazioni edilizie, sono dichiarate dal tecnico abilitato, ai fini dell’attestazione dello stato legittimo degli immobili, nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie ovvero, con apposita dichiarazione asseverata allegata agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali.”.

Possiamo, dunque, concludere che il documento stilato dal tecnico abilitato possa essere, eventualmente, integrativo rispetto al titolo edilizio abilitativo, che è il solo che rileva e che deve essere menzionato nella fase di circolazione dell’immobile (artt. 40 L.N. 47 del 1985 e 46 dP.R. n. 380/2001).

Conclusione supportata anche dall’incipit dell’art. 9 bis comma 1 bis che evidenzia come la conformità dell’opera realizzata alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie possa discendere unicamente dal titolo abitativo, che sia esso iniziale o successivo.  

Rachele Nuti

dott.ssa - collaboratrice Studio

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